sabato, Aprile 20, 2024
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Fuori da questa bolla. Il senso della mia vita.

“Dove ora cammino, prestato dal coraggio, con le foglie che soffia l’autunno, operato nel cuore quel caldo che scioglie il sole, indistinto dal giorno il continuo lavoro. Il tempio del futuro si popola. Non è un evento, ma l’ingegno ricavato dall’amore che spiega le vele della concessa umanità.

Dimmi: Quest’anno perché i giovani che vengono a conoscerci sono così? Dimmi, perché? E’ la solita storia Alessandro, dice Roberto, spiegando che non può vincere l’indifferenza in un mondo di ingiustizia, indispettito di aver trovato il water nel bagno maschile smontato dal pavimento, probabilmente preso a calci per dispetto o semplicemente incuria.

Intanto nelle stanze ci sono i ragazzi, che professionalmente producono musica e dimostrano così che uno spazio inutilizzato e abbandonato, può essere ripopolato e vissuto dalla pluralità che compone la cittadinanza. Noi tutti insieme ci siamo attivati per rendere lo spazio visibile e accessibile a tutti, chiave del successo di ognuno di noi. Non tempo perso ma trascorso a imparare i valori sociali che ci uniscono.

Nel collettivo di danza ogni frontiera ormai è ricerca; ogni giorno danzano e conciliano il movimento con la musica, si provano, per l’eterno che parve di secondi, a manciate, come con la fortuna, ruota della sorte. In amicizia, in amore, costruttivamente e senza indugio ci siamo scontrati per mesi, abbiamo vinto, mai abbiamo fallito per le nostre paure.

Il senso personale della mia esperienza al tempio è stata l’acquisizione della fiducia verso ciò che è fuori dalla mia sfera emotiva; in poco tempo mi sono sentito realizzato e compreso. Ho incontrato artisti anche di fama internazionale, molti amici di grande umanità che sono riusciti a mettere in discussione le parti di me più controverse, nascoste o narcisistiche. Ora ho il coraggio di viaggiare ovunque mi sia permesso mentre prima ero  il mio limite.

Concretamente:

Sono stato promosso in un Istituto privato di fotografia professionale, con voto 22/30 senza quasi portare a termine un compito con circa il 30% delle presenze in ore e senza portare un esame finale tranne il mio portfolio fotografico da presentare, con la maggior parte delle foto scattate al Tempio, arrivando a scattare quasi 10.000 foto in un giorno. Avevo 22 anni, anno 1996. Soffrendo di un disturbo dell’umore, Il Tempio è stato per me un valore aggiunto e ha dato un senso alla mia passione per la fotografia”. Matteo Castellani.

La testimonianza descritta è opera di Matteo Castellani, volontario al Tempio del Futuro Perduto, associazione di volontariato e centro polifunzionale di cultura che ha sede a Milano. Castellani esprime i suoi pensieri con forte incisività e crea un testo autobiografico sull’esperienza di volontariato che sembra aver donato un senso alla sua vita. La passione per la fotografia lo ha aiutato nel percorso della vita; l’interesse per la poesia e per la letteratura poi hanno rappresentato una realtà valida e indiscutibile e un aiuto per contrastare le fragilità. Il tempo dedicato a prestare attenzione al prossimo come volontario rimane un valore aggiunto e insostituibile nella sua vita quotidiana. La testimonianza di Castellani rappresenta l’esperienza di vita di un ragazzo che esprime con volontà la necessità di dedicare tempo agli altri con  l’opera di volontariato; attraverso la fotografia poi esprime la sua personale visione della vita che lo circonda e che memorizza con lo scatto fotografico. La fotografia è passione, ricerca del linguaggio tecnico e comunicativo e al tempo stesso autocura per il forte valore terapeutico che rappresenta. La fluidità del suo linguaggio tecnico immortalata nelle fotografie è la memoria di un istante, lo stesso che Castellani fissa nell’inquadratura. La fotografia è introspezione e realtà condivisa, è l’istante che l’occhio vede e immagina nell’obiettivo.

Le forme della luce, la presenza scenica dei soggetti ritratti, sia persone che oggetti inanimati, costituiscono la materia che Castellani utilizza per creare una immagine artistica. L’Arte è spesso utilizzata come linguaggio simbolico per esprimere ciò che non si può dire a parole e negli ultimi anni si sono sviluppate molte tecniche non verbali che tendono a migliorare il processo terapeutico verbale. L’utilizzo della fotografia come potenzialità terapeutica ispira Castellani che nel tempo si è avvicinato ai lavori di Cristina Nunez, fotografa e di Judy Weiser, psicoterapeuta e arte terapeuta. “La fotografia rappresenta un canale espressivo e conoscitivo nei percorsi di supporto e terapia psicologica. La fotografia è strumento facilitatore di processi di crescita e di autoconsapevolezza utile per prendersi cura di se stessi e  diventa mezzo per comprendersi e far emergere l’inconscio”.  Judy Weiser fu la prima che negli anni 70 creò la distinzione tra fototerapia e fotografia terapeutica. La FOTOTERAPIA si basa sulla analisi da parte dello psicoterapeuta del rapporto tra il paziente e le fotografie, che siano opera del soggetto o di altre persone, autoritratti e album di famiglia. Lo scopo è quello di stimolare la riflessione, la discussione e l’analisi dell’inconscio attraverso un processo per cui ogni fotografia è in grado di portare alla luce della consapevolezza sentimenti, ricordi, vissuti emozionali dimenticati o rimossi, che in modo latente e inconsapevole incidono nella vita quotidiana e nella percezione della realtà. Possiamo quindi definire la fototerapia come un sistema di tecniche che prevedono l’utilizzo della fotografia da parte di psicologi nel lavoro con i pazienti. La FOTOGRAFIA TERAPEUTICA opera al di fuori del processo di cura, in un percorso più introspettivo e personale, in cui il soggetto stesso approfondisce la propria consapevolezza di sé per migliorare il suo modo di essere: le immagini diventano un modo per esprimersi, per comunicare quello che non si riesce ad esprimere con le parole. Sono fotografie in cui l’emotività e la sofferenza vengono espresse in tutta la loro forza per essere interiorizzate e affrontate. Con il termine di fotografia terapeutica quindi indichiamo la pratica della fotografia come terapia condotta in modo autonomo da persone al di fuori di un contesto clinico. “Il lavoro con le fotografie consente di conoscere e dare voce alla persona, intervenendo così direttamente sulla narrazione che questa fa delle sue esperienze, della sua persona e delle sue relazioni. L’immagine è uno specchio in cui riconoscersi e riconoscere la propria storia ed è il risultato di una serie di associazioni mentali che ogni persona che la osserva farà in modo personale e inconscio basandosi sul proprio vissuto, sulle proprie esperienze, sulla propria percezione della realtà”.

Il Tempio del Futuro Perduto ha sede a Milano in via Luigi Nono 9.

 “Ogni fotografia che una persona colleziona è in fondo un tassello di un gigantesco autoritratto che la raffigura”. Judy Weiser

“Le fotografie sono orme della nostra mente, specchi delle nostre vite, riflessi del nostro cuore, memorie sospese che possiamo tenere in mano, immobili nel silenzio per sempre”. J. Weiser

Pensieri e immagini di Matteo Castellani


Capocasa Carlo
Capocasa Carlo
Carlo è ricercatore in campo medico e svolge la sua attività tra la Svizzera e Milano. Si è occupato del miglioramento della qualità di vita del malato oncologico promuovendo e realizzando anche alcuni convegni medico scientifici. Ha la passione per la letteratura classica, la storia e ama collezionare libri antichi. Il suo interesse per la qualità di vita delle persone con patologie che possono determinare fragilità anche sociali, ha motivato l'avvio di alcuni studi che prevedono discipline olistiche e psicoterapia a sostegno del paziente durante il percorso di cure mediche.
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