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ALLATTAMENTO: BIOLOGIA E PROCESSO DI SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE

La nascita è il primo passo del lungo processo di separazione: la separazione fisica dal corpo della madre, ma il bambino, abituato nel periodo gestazionale ad una unità inscindibile «Sé-madre», nonostante la separazione fisica vive ancora l’unione tra il ed il non Sé (madre).

La madre che ha rappresentato la fonte di vita in uno stato simbiotico dove il feto è stato

da lei condizionato ad un tipo particolare di comunicazione, diventa, dopo la nascita, una meta a cui tendere nella ricerca del benessere che ha precedentemente conosciuto. Da questa condizione il binomio madre-bambino affronterà il processo di differenziazione e di individuazione, la madre non solo rappresenterà per il neonato il modello imitativo di stimolo-guida per la sua evoluzione, ma gli permetterà di confrontarsi ed interagire con essa in un continuo scambio mutuato dove il comportamento dell’uno non è solo conseguente al comportamento dell’altro, ma verrà reciprocamente anche previsto ed atteso sulla base delle esperienze precedenti.

        Fin dai primi mesi si riscontrano variabili, a volte anche marcate, nel comportamento dei lattanti, in quanto differenti sono le fonti di stimolo nei diversi ambienti familiari: struttura dell’ambiente domestico, prevalenza di colori, intensità di luce, variazioni di temperatura, tipologia ed intensità delle fonti sonore, caratteristiche della figura materna, eventuali persone che si alternano alla cura del bambino. Queste variabili agiscono su una struttura genetica che si esprime nella disponibilità neurofunzionale di attenzione agli stimoli, di organizzazione motoria, diprocessamento delle informazioni e di modulazione del gioco gratificazioni-frustrazioni.

I primi 10-15 giorni costituiscono la fase più delicata durante la quale il bambino deve compiere un rivoluzionario adattamento alle nuove condizioni di vita. Quasi tutta l’energia viene impegnata in queste profonde modifiche funzionali dell’organismo, soprattutto riguardanti i sistemi circolatorio, respiratorio, digestivo ed emuntorio, al fine di salvaguardare le funzioni vitali indispensabili. Questi primi giorni sono regolati da un ritmo biologico in cui domina nettamente il sonno rispetto alla veglia, durante la quale i rapporti col mondo sono limitati alla ricerca del benessere perduto, parzialmente ritrovato associato a nuove sensazioni nella soddisfazione dei propri bisogni quali l’allattamento, il contatto fisico col corpo materno e le comunicazioni affettive.

        Il bambino, fin dal primo mese di vita, assume due diversi comportamenti orali: se ha fame rifiuta qualsiasi sostanza che non soddisfi il suo bisogno, l’unica cosa che lo acquieta è l’introduzione del latte; se non ha fame accetta l’introduzione nel cavo orale di oggetti quali: il capezzolo, la propria mano, quella dell’adulto, il succhiotto. I due comportamenti appaiono ben distinti sia nell’aspetto funzionale che in quello relazionale. Durante la fame il succhiamento del capezzolo provoca una serie di risposte concatenate del sistema neurovegetativo preparatorie alla funzione digestiva che si conclude con l’appagamento del bisogno.Nella situazione non-fame, la presenza del succhiamento sembra determini delle sensazioni che si incanalano per altre vie;il bambino nutrito al seno, soddisfatta la necessità primaria, rimane spesso attaccato al capezzolo senza effettuare suzioni valide allo scopo nutritivo. Questo comportamento, tramite il capezzolo o un succhiotto, risulta tranquillizzante, in quanto permette di rimanere a contatto con qualcosa tramite la bocca che rappresenta, in queste prime fasi evolutive, il mezzo più importante di rapporto con l’ambiente. Il piacere della suzione senza risultato nutritivo sembra fornire un appagamento particolare: è la ricezione di informazioni tattili e propriocettive (escluse le gustative) già sperimentate e accettate nell’insieme degli stimoli percepiti con il significato di benessere durante il nutrimento.

L’allattamento materno rafforza il legame simbiotico e aumenta la soddisfazione materna per la continuità del mantenimento vitale del proprio bambino. Si costituisce un rapporto privilegiato madre-bambino di interscambio dove il bambino riceve la risposta alle sue necessità vitale e la madre entra in una nuova dimensione: sostegno e stimolo allo sviluppo, ne diventa consapevole e gratificata.

Montagu nel suo libro Il linguaggio della pelle (1971) scrive a tale proposito: “Durante il parto madre e figlio hanno vissuto un momento alquanto difficile. Alla nascita ciascuno dei due ha bisogno di essere rassicurato dalla presenza dell’altro. La madre si sente rassicurata dalla vista del piccolo, dal suo primo grido e dal fatto di sentirselo vicino. Il neonato è rassicurato dal contatto con il corpo della madre, dal sostegno delle sue braccia protettrici, dalle carezze che riceve e dalle poppate al suo seno….”.

        L’alimentazione, in particolare l’allattamento al seno, e la disponibilità affettiva sono apportatrici di validi significati di benessere per l’accettazione della nuova vita, la madre ne è l’artefice essenziale. Le necessità nutrizionali, i tempi di

assunzione e il ritmo di crescita non sono uguali nei bambini e di norma la mamma apprende a conoscere e ad adattarsi alle necessità e ai ritmi del proprio bambino.

Da sempre il bambino e la mamma in questa primafase di vita sono stati tutelati dall’ambiente e rispettati nel loro privilegiato rapporto e nelle sequenze delle attività giornaliere: la madre era considerata naturale depositaria degli adattamenti necessari al suo piccolo.

     Con il passare dei decenni, delle modifiche culturali, delle necessità lavorative delle madri la società è intervenuta a modificare le antiche usanze di cure del bambino.

Nel 1963 è stato pubblicato negli Stati Uniti il manuale Infant Care, (edito dal Children’s Bureau of the Departement of Health, Education and Welfare) in cui si avvalorava e accettava come norma il fatto che alcune madri preferissero non avere contatti eccessivamente intimi con il proprio figlio tramite l’allattamento al seno. Pensiero che ora è ritenuto riprovevole da tutti.

Negli anni 1960-1970 l’allattamento materno era diventato sempre meno praticato a causa del notevole sviluppo delle industrie dietetiche e della diffusione e prescrizione dei latti artificiali; questi condizionamenti sull’allattamento artificiale, rinforzati dai messaggi mediatici, hanno determinato una diminuzione del contatto cutaneo fra madre e figlio, ritenuto tanto importante nei primi mesi di vita per un equilibrato sviluppo del bambino da tutti gli studiosi che si sono interessati delle problematiche evolutive (Imbasciati A., Dabrassi F., Cena L., 2007). I contatti corporei venivano spesso limitati a quelli necessari per il nutrimento ed il cambio degli indumenti, riducendoli ancor meno nelle madri lavoratrici, la cui mansione veniva svolta da altre persone.

        Negli anni 1970, oltre all’attività come neuropsichiatra infantile, svolgevo anche l’attività pediatrica e l’alimentazione materna era ridotta a poco più del 10% tra le madri che frequentavano il mio studi. Tale condizione permetteva un precoce rientro lavorativo (molto apprezzato dal datore del lavoro) l’affidamento alla nonna o a una baby sitter per il nutrimento artificiale, le cure e gli stimoli evolutivi.Veniva consigliata la prima pappa a 4 mesi e il passaggio definitivo al latte artificiale verso il sesto mese, a 6 mesi il bambino mangiava due pappe e due pasti di latte.

Negli anni 1980 e successivi, a seguito di un interesse e maggiori aperture verso altri stili di vita più naturali, si è divulgato l’uso della medicina alternativa, della pratica di attività sportive per mantenersi in forma, di una dieta con maggior rispetto verso i cibi considerai più sani e una ripresa dell’alimentazione materna che spesso si protraeva fino all’anno ed oltre.

        Attualmente l’allattamento al seno continua frequentemente fino all’anno e in alcuni casi anche fino ai 18-24 mesi, la prima pappa viene consigliata a 6 mesi.

        Negli ultimi 20 anni i pediatri consigliano la self demand (allattamento a richiesta).

La self demand è stata validata anche dal Ministro della Sanità Girolamo Sirchia (durante il mandato 2001-2005) tramite un opuscolo per la tutela del bambino pubblicato in internet di cui riportiamo un breve brano relativo all’allattamento al seno a firma Dott. Riccardo Davanzo.(http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_159_ulterioriallegati_ulterioreallegato_2_alleg.pdf).

Quante poppate: Orientativamente 8 al giorno, con notevoli variazioni (da un minimo di 5 a un massimo di 12 e, talvolta e transitoriamente, anche più. La maggior parte dei bambini allattati esclusivamente al seno continuano a volere circa 8 poppate al giorno per tutti i primi 6 mesi di vita. Non è vero quindi che riducano spontaneamente col tempo il numero di poppate giornaliere. O forse è più corretto dire che questo effettivamente valesolo per una minoranza di bambini.

In conformità alla mia ottica pediatrica e neuropsichiatrica infantile e sostenendo l’importanza dell’allattamento materno, ritengo opportuno richiamare l’attenzione su alcuni dati al fine di evitare una serie di disturbi fin troppo frequenti.

        La self demend ha una sua giusta applicazione nelle società meno evolute e non condizionate da invasivi interessi utilitaristici, dove si riscontrano madri più intuitive sulle necessità del bambino, ma nella nostra società, spesso senza l’aiuto di una nonna, la madre tende verso una dipendenza sanitaria applicando i consigli del pediatra a volte in forma rigida, preoccupandosi molto dell’aumento del peso e dell’evacuazione e meno della possibilità di entrare in sintonia con i reali bisogni del bambino. Alcune mamme offrono il seno al bambino ad ogni piccolo verso che viene interpretato come richiesta alimentare.

In diversi casi di bambini verso l’anno ed oltre, arrivati al mio studio per problemi digestivi, irrequietezza, disturbi del sonno, escluse forme organiche e infettive, ho potuto conoscere il ritmo alimentare: la mamma attaccava al seno il bambino (di 6-8 mesi)  8-10 volte e spesso anche di notte quando il bambino si svegliava; qualsiasi vagito veniva interpretato come necessità di cibo. Alcune mamme per comodità tenevano il bambino nel lettone in modo da essere pronta a dargli il seno se si svegliava o se piangeva. La mamma di un bambino di 12 mesi durante la visita, nell’arco di due ore dalle 9 alle 11, ha attaccato al seno il bambino due volte solo per qualche minuto e nell’arco della giornata mi comunicava che le poppate erano circa 15. Inoltre queste mamme erano facilmente in ansia per il problema alimentare, stato che le faceva sentire poco adeguate alle necessità del bambino con la conseguenza di peggioramento del proprio malessere e relativi riflessi negativi sul bambino.

        Va stimolato l’allattamento al seno, ma la mamma lo deve desiderare, inoltre va aiutata a perseguire un ritmo adeguato in rapporto sia alle necessità biologiche, sia alla crescita del bambino e sia ad un rapporto ottimale madre-bambino che favorisca una evoluzione normale del processo di separazione-individuazione. Questo processo risente molto del tipo di rapporto madre-bambino, degli stimoli affettivi, ma anche delle richieste di adattamento ai ritmi giornalieri alimentari, di sonno e di coccole. La madre è fornitrice di benessere durante la soddisfazione del malessere per la fame, ma è anche la fonte del desiderio nell’attesa del benessere e di stimolo alla progressione del processo di separazione-individuazione.

Le poppate potranno essere 7-8 nelle prime settimane, distanziate da almeno due ore, ma in seguito dovranno diminuire in rapporto all’aumento della quantità di latte assunta e di conseguenza con la necessità di una digestione più lunga. Di norma (con tutte le eccezioni per problemi individuali) a partire dal terzo mese le poppate potranno essere ridotte a 6 (circa ogni 3 – 3½ ore) e verso il 4-5 mese a 5 (circa ogni 3½ – 4  ore).

La giusta e progressiva regolamentazione dei pasti prepara il bambino ad affrontare le difficoltà del periodo successivo (12-24 mese) ricco di interessi, di nuove conquiste, ma anche di limitazioni e di frustrazioni. Permanere in una situazione di completa dipendenza materna tramite una eccessiva frequente alimentazione al seno non prepara il bambino ad affrontare la presa in carico della propria individualità e desiderio di affermazione nel corso del secondo anno di vita.

        Se l’allattamento è artificiale diventa più facile la regolamentazione dei pasti che spesso vengono preparati al momento secondo date cadenze. Nell’alimentazione artificiale il pediatra è molto attento a cosa e quanto deve mangiare il bambino a seconda dell’età e con quale frequenza. Perché non viene consigliata la self demand nell’alimentazione artificiale?

Alla nascita è più breve consigliare la self demand “lo allatti quando il bambino lo richiede” che non perdersi in preziosi minuti per spiegarne i vantaggi, i giusti ritmi e lo stimolo ad entrare in sintonia con il proprio bambino per meglio comprenderlo. L’alimentazione è fondamentale per la vita e richiede una serie complessa di funzioni interdipendenti: digestione, assorbimento, metabolismi epatici, disintossicazioni, evacuazione, funzione emuntoria, equilibrio idrico.

        La regolazione dei ritmi dei pasti ha una sua base logica sostenuta dalla funzione digestiva che a partire dalla nascita deve organizzarsi e procedere progressivamente verso una funzionalità sempre più complessa.

Nello stomaco del lattante l’acido cloridrico e la renina fanno coagulare il latte che può essere aggredito dalla pepsìna (attivata dal pepsinogeno tramite l’acido cloridrico) per la digestione delle proteine del latte. La secrezione di queste due sostanze è molto attiva nelle fasi iniziali della formazione del caglio (latte coagulato) per poi lasciare spazio all’attività della pepsina.

            L’inizio di una nuova poppata è opportuno che rispetti i tempi della digestione delle poppata precedente(2-3 ore) per poi diminuire, altrimenti trova uno stomaco che è in fase avanzata della digestione del latte creando difficoltà nella progressione del processo digestivo.

Russo Roberto Carlo
Russo Roberto Carlohttps://www.csppni.it
Roberto Carlo Russo Roberto Carlo Russo, pediatra e neuropsichiatra infantile, ha fondato nel 1972 la prima Scuola Italiana di Psicomotricità. Autore 112 pubblicazioni, 10 libri e 12 test evolutivi innovativi, ha condotto specifiche ricerche sull'evoluzione normale e patologica del bambino, sugli effetti dei modelli evolutivi, sull'organizzazione della personalità del bambino e delle sue variabili, sulle modalità d'intervento psicomotorio e psicoterapico nell'infanzia, sulle modalità di aiuto educativo e di supporto terapeutico alle figure di riferimento evolutivo. Da sempre sostiene la necessità di affrontate le problematiche infantili in un’ottica di globalità che contempli le complesse interrelazioni tra l’individuo e l’ambiente.
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