Amore e Psiche: la maturità emotiva raccontata da un mito
Il mito di Amore e Psiche racconta quanto l’ordinario fatica a cogliere: la fragile geometria dei sentimenti e il percorso doloroso verso la maturità dell’anima.
È, infatti, la storia di un’interiorità impegnata a confrontarsi con se stessa, a misurarsi con il desiderio e con la paura, prima di poter davvero incontrare l’altro.
Il rapporto con Amore sorge nell’oscurità: egli non si mostra, lei non può guardarlo. Si incontrano senza volto, sospesi in un’apertura radicale.
Ed è in questo spazio ondeggiante tra mistero e intimità che ha luogo la genesi di un’evoluzione psichica.
Il dubbio emerge presto. Le sorelle insinuano: “E se fosse un mostro?”.
Un interrogativo, una metafora.
Quella domanda diviene, conseguentemente, la proiezione di insicurezze interiori: il timore di non meritare amore o di essere ingannati. La lampada accesa simboleggia il tentativo della mente di proteggere il cuore, di controllare l’ignoto. Una luminosità pronta, però, a rompere l’incanto: l’olio cade, Amore fugge, la fiducia si frantuma.
Psiche non ha smesso di amare: ha semplicemente ceduto alla sua inquietudine, alla parte che vaccila innanzi alla vertigine dell’intimità.
La vicenda è anche un’allegoria del conflitto tra l’amore irrazionale e la ragione che pretende di vedere.
Psiche inciampa nel momento in cui l’ego reclama garanzie, quando curiosità e sospetto soffocano l’affidarsi.
Il suo smarrimento è la caduta di ogni relazione che, per turbamento, tenta di dominare quello che può solo essere accolto. Abbandonata, ella compie e supera le prove impostele da Venere.
Qui il mito si fa itinerario psicologico: separare i semi significa ordinare il caos recondito; ottenere la lana dorata senza ferirsi rappresenta l’arte di avvicinarsi alla passione senza esserne sopraffatti; scendere negli Inferi è confrontarsi con i traumi e le ferite ( che di solito evitiamo di guardare).
Ogni prova diventa un rito iniziatico: un esercizio di resilienza emotiva, una tappa necessaria per imparare ad amare senza dipendenza, senza fuga e senza autosabotaggio.
Quando Psiche risale dagli Inferi, non è più la giovane fragile e disorientata: è un’anima che ha attraversato il proprio buio e ne è emersa trasformata.
È allora che Amore ritorna, non nella notte e neanche nell’ombra, bensì alla luce.
La loro unione diventa divina solo quando entrambi hanno sperimentato la distanza e la volontà di ritrovarsi in una forma nuova.
“Amore e Psiche” ci insegna qualcosa di essenziale: l’anima non può amare senza attraversare le proprie angosce ed esitazioni.
Lo slancio senza conoscenza è debole e, quest’ultimo, senza adesione profonda è impossibile.
L’amore maturo nasce dalla metamorfosi, mai dall’illusione di perfezione.
Mara Cozzoli