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Non si possono spegnere i riflettori su Gaza


Sotto le bombe, nella fame, tra i bambini amputati: un genocidio che l’Europa continua a ignorare

Mentre il mondo sposta l’attenzione sull’escalation tra Israele e Iran, tra proclami militari e minacce di una nuova guerra allargata, la Striscia di Gaza viene retrocessa a fronte secondario dall’IDF, l’sercito israeliano.
A Gaza si contano le vittime, tra cui un numero altissimo di bambini.
I dati ufficiali parlano di oltre 55.700 morti.
Le scuole, i campi profughi e gli ospedali si sono trasformati in veri e propri cimiteri.
Chi sopravvive, spesso, porta ferite gravissime. Molti bambini hanno subito la perdita di arti, con interventi effettuati senza anestesia, in strutture sovraccariche e con risorse estremamente limitate.
Le amputazioni coinvolgono sia arti superiori che inferiori:  una o entrambe le gambe, braccia o mani.
Questi danni influenzeranno negativamente l’intero sviluppo fisico e motorio.

Secondo l’UNICEF, la stragrande maggioranza dei bambini manifesta sintomi di trauma psicologico grave: insonnia, mutismo, crisi di panico, incontinenza, regressione.
È un’intera generazione segnata nel corpo e nella mente.

A questa devastazione si aggiunge una realtà altrettanto criminale: l’impossibilità di ricevere aiuti umanitari in modo sicuro e costante. I convogli di cibo, acqua e forniture mediche vengono bloccati, ritardati, ostacolati, persino colpiti. L’ONU parla chiaramente di carestia indotta e di un blocco dell’assistenza umanitaria.
Ma non è solo un blocco sistematico. È un attacco diretto ai civili. In più occasioni, l’esercito israeliano ha sparato su civili disarmati mentre cercavano di accedere agli aiuti. Immagini verificate da agenzie internazionali e confermate da personale umanitario mostrano corpi a terra, colpiti mentre cercavano farina, acqua e beni di prima necessità.

Chi uccide chi cerca da mangiare non combatte il terrorismo. Pratica il terrore.
Non è più solo una denuncia politica o morale.  È un’accusa formale. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato incriminato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Le accuse includono bombardamenti su infrastrutture civili, assedio totale, punizioni collettive, ostacolo agli aiuti e uso sproporzionato della forza contro civili.

Eppure, mentre la giustizia internazionale agisce, l’Europa resta ambigua. Preoccupata di non incrinare alleanze strategiche, tace, evita, minimizza. Non ha il coraggio di dire la verità: quello che accade a Gaza è un genocidio. E chi lo permette, chi lo copre, chi guarda altrove, ne porta il peso.

Nel vuoto lasciato dalla politica, resta la realtà: i bambini di oggi, se vivranno,cresceranno nella rabbia. E quella rabbia, nutrita dal dolore e dall’abbandono, rischia di trasformarsi in odio. I futuri terroristi non nascono da ideologie, ma da lutti, fame e umiliazione.
Gaza è il laboratorio della disperazione.

Qui non si misura un’opinione, bensì la dignità, l’integrità e l’identità di un popolo che sta scomparendo.
È questione di coscienza.
La neutralità, in questo caso, è silenzio e complicità.
Chi spegne i riflettori su Gaza accende una luce sul proprio fallimento morale quest’ultima, infatti, costituiscee il termometro della nostra umanità.
E al momento la febbre è altissima.

Mara Cozzoli

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