
2 Giugno – Giornata mondiale contro i Disturbi della Condotta Alimentare.
“Ciò che non può essere espresso a parole si imprime sul corpo. Lì, dove il dolore trova forma e si fa visibile.”
Nel silenzio ovattato delle abitudini quotidiane, c’è una sofferenza che si insinua senza fare rumore, che si mimetizza dietro un piatto lasciato pieno o svuotato con voracità, dietro un corpo che cambia fino a non riconoscersi più.
I disturbi della condotta alimentare non sono solo patologie legate al cibo, ma sono un’implorazione muta, un dolore che si annida tra pelle e ossa, che parla attraverso il fisico nel momento in cui la mente non riesce a trovare parole.
Anoressia, bulimia, binge eating disorder. etiichette cliniche per definire ciò che, nella realtà, è un tentativo disperato di sopravvivere a un malessere psichico profondo, spesso invisibile.
Dietro ogni restrizione ossessiva, ogni abbuffata solitaria, ogni gesto di controllo compulsivo, si cela una storia personale intrisa di fragilità, bisogno d’amore e di riconoscimento.
Il cibo, in questi contesti, smette di essere nutrimento e si trasforma in strumento, messaggero, rifugio o punizione.
Mangiare troppo o non mangiare affatto diventa un modo per gestire l’angoscia, placare l’ansia, ristabilire un ordine interno, soprattutto quando il mondo esterno appare caotico, inaccessibile, crudele.
La psicologia ci insegna che i disturbi della condotta alimentare non nascono da una vanità mal gestita, ma sono una risposta estrema a una sofferenza invisibile, intima, spesso antica.
È il bisogno di riprendere il controllo in un universo in cui si è perso il senso del proprio valore.
È la difficoltà a sentirsi sufficienti, a essere visti, amati, accettati così come si è.
Una volta colpivano principalmente le adolescenti. Oggi, con l’abbassamento dell’età puberale, i segnali possono emergere già intorno ai 10 anni.
Un’epoca in cui l’identità è ancora in formazione e lo sguardo dell’altro – genitori, coetanei, social media – può ferire come una lama.
Non è solo una questione di peso
L’aspetto più drammatico è che si fatica a cogliere la richiesta d’aiuto dietro il sintomo, il quale costituisce la punta dell’iceberg, la manifestazione visibile di un dolore che andrebbe ascoltato, accolto e trattato nella sua complessità emotiva e relazionale..
La magrezza estrema o le abbuffate compulsive vengono giudicate, stigmatizzate, normalizzate, invece che comprese.
In Italia, oltre 3,5 milioni di persone soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.
Il 90% sono donne, ma è in crescita il numero di uomini, con un dato allarmante: il 20% dei pazienti ha tra i 12 e i 17 anni.
Ogni anno si registrano circa 4000 decessi, ovvero più di 10 morti al giorno. Una strage silenziosa. Una realtà fin troppo ignorata. Una ferita sociale trascurata.
E mentre i numeri crescono, i fondi destinati ai centri di cura vengono ridotti.
Una scelta politica che racconta indifferenza, che dimentica che dietro ogni numero c’è una persona, una famiglia, un’esistenza sospesa.
Questa giornata internazionale non è solo simbolica, è un invito alla consapevolezza collettiva, alla responsabilità.
Riconoscere, prevenire, curare.
Accogliere il tormento interiore senza giudicarlo, prestargli attenzione anche quando è espresso nella calma più apparente.
Imparare a leggere i segni del disagio psicologico è un dovere etico.
Immagine in evidenza: “Annegare” opera di Sofia Giacomelli
40×50 cm
Acquerello su carta
Mara Cozzoli
