
Sanità pubblica al collasso: se non hai soldi, non ti curi.
Liste d’attesa infinite, personale allo stremo, salute mentale ignorata: il diritto alla cura è sempre più a rischio.
Un tempo modello di equità e accessibilità, la sanità pubblica italiana appare oggi come un sistema alla deriva. Sempre più cittadini rinunciano a curarsi o si indebitano per rivolgersi al privato, mentre il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) fatica a garantire i livelli essenziali di assistenza. Una crisi che tocca non solo il corpo, ma anche – e forse soprattutto – la mente.
Prenotare una visita specialistica tramite il SSN è diventato, per molti, un esercizio di frustrazione. In alcune regioni italiane, una risonanza magnetica può richiedere fino a un anno di attesa; una visita oculistica anche otto mesi. Tempi incompatibili con la prevenzione e la diagnosi tempestiva.
Chi può permetterselo si rivolge al privato, dove i tempi sono brevi ma i costi elevati: si parte da 100 euro per una visita, si arriva fino a 400 per una risonanza.
Chi non può pagare, resta bloccato, rischiando il peggioramento della propria condizione fino all’emergenza.
La situazione è aggravata dalla drammatica carenza di personale.
Turni massacranti, stipendi fermi e scarsa valorizzazione professionale spingono sempre più giovani medici a cercare fortuna all’estero o a rifugiarsi nel privato. Il risultato è un circolo vizioso: meno personale, più attese, più sfiducia nei confronti del sistema.
La crisi è ancora più evidente nel Sud Italia, dove la sanità pubblica è spesso un miraggio. Strutture obsolete, reparti chiusi, carenze di personale e attrezzature costringono migliaia di cittadini a migrare al Nord per curarsi. Oltre 4 miliardi di euro all’anno vengono spesi per la “mobilità sanitaria”, una vera emorragia che alimenta le diseguaglianze territoriali.
Il finanziamento pubblico alla sanità si attesta attorno al 6,4% del PIL, al di sotto della media europea.
Il risultato? Un sistema sempre più duale: da una parte un servizio pubblico inefficiente per chi non può permettersi alternative, dall’altra un privato rapido ma accessibile solo ai pochi.
Nel silenzio quasi totale della politica, la salute mentale sta vivendo una crisi profonda. Dopo la pandemia, i disturbi psicologici – ansia, depressione, attacchi di panico – sono aumentati, ma il sistema non ha reagito. I Centri di Salute Mentale sono al collasso, con professionisti sovraccarichi. L’accesso a una terapia gratuita è un miraggio: liste d’attesa di sei-otto mesi e costi nel privato fino a 100 euro a seduta, spesso da ripetere settimanalmente. Una spesa insostenibile per molti.
Particolarmente grave è anche la situazione dei centri per i disturbi alimentari (DCA), colpiti da tagli nonostante i quasi 4.000 decessi nel 2024 legati a queste psico – patologie.
Il diritto alla salute non è un lusso, ma un pilastro della nostra Costituzione.
La sanità pubblica non può diventare un bene opzionale o una trincea per chi non ha risorse. Senza un sistema sanitario efficiente, equo e universale, viene meno il patto sociale che tiene insieme il Paese.
Ignorare questa emergenza significa mettere in discussione l’idea stessa di Stato sociale lasciando che, nel silenzio, l’Italia si ammali sempre di più.
Mara Cozzoli
