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Raccontando Placido Rizzotto. Intervista a Giovanni Taormina, giornalista.

Storia e memoria rispetto al passato sono i principali strumenti per evolverci culturalmente.
Il 10 marzo 1948, Placido Rizzotto, sindacalista, venne rapito e  ucciso da Cosa Nostra.
A narrarci l’episodio per la rubrica “Mafie: Ieri, oggi e domani“, Giovanni Taormina, giornalista.


Chi è stato Placido Rizzotto? In quale contesto socio-culturale è possibile collocarne la figura?

Placido Rizzotto è stato un partigiano, un sindacalista ed esponente del partito socialista.
Siamo a Corleone negli anni 40’, ci troviamo in un contesto contadino e lui si batteva contro i proprietari terrieri e i campieri.
Quindi, geograficamente, all’interno della Sicilia in una zona conosciuta, successivamente, per le vicende legate a Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Il 10 marzo del 1948 venne rapito, malmenato e ucciso con tre colpi di pistola.

Perché la mafia decise di colpirlo?

Lo colpì in quanto egli difendeva i contadini, cercava di organizzarli contro i proprietari terrieri e, in quel momento la mafia tutelava questi ultimi.
Placido Rizzotto continuò, sempre, la sua battaglia a fianco dei contadini.
Diciamo che ad ucciderlo fu Luciano Leggio, intorno al quale, per altro, ruota una storiella: quando venne arrestato sbagliarono la verbalizzazione e, anziché registralo come Luciano Leggio, lo registrarono come Luciano Liggio.

Spieghiamo per quale motivo la mafia difendeva i proprietari terrieri.
Per avere il controllo del territorio, inoltre, portavano contadini, decidendo chi poteva lavorare e chi no, cosa dovevano e non dovevano fare.

Ciò riporta ad un tema molto attuale: la mafia aiuta, la mafia “porta“ lavoro.
La mafia sfrutta, la mafia non da lavoro, devi sottostare a quanto ti chiedono.
Ti pagano quello e quello devi accettare.
Molte imprese mafiose quando vengono sequestrate non riescono ad affrontare il mercato perché non riescono a mantenere i prezzi che avevano prima.

Un passo indietro: l’errore di trascrizione, cosa comportò?
Che da  tutti è conosciuto come Luciano Liggio, ma il suo vero nome è Luciano Leggio.
Il boss in quella zona era il medico Michele Navarra, di cui, appunto, Luciano Leggio era un suo uomo.

Alla storia di Rizzotto si incrocia il destino di un bambino.


Sì.
Partiamo da questo: il corpo di Placido Rizzotto non venne fatto ritrovare.
Ad assistere alla scena fu un pastorello, Giuseppe Letizia  ucciso,  in seguito, da Michele Navarra, medico e capo mafia di Corleone, per mezzo di un iniezione.
Nello specifico, il piccolo, assistette  all’uccisione di Rizzotto, il quale fu gettato in una foiba nella zona di Rocca Busambra.
Il bambino, che stava portando al pascolo il gregge, quella sera non fece rientro a casa e fu ritrovato dal padre la mattina seguente in preda allo shock e con febbre alta.
Portato all’ospedale di Corleone dove prestava servizio Michele Navarra, Giuseppe iniziò a raccontare quanto visto.
La conseguenza fu l’assassinio del piccolo testimone, una morte che fu fatta passare per naturale, dovuta a complicanze.
La realtà, come spiegavo poc’anzi fu un’altra.

Quanto tempo è stato necessario per far luce su questa vicenda?
In quel periodo, a Corleone, c’era un giovane capitano dei carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa che, nel corso degli anni, riuscì a raccogliere le prove per arrestare due complici di Leggio che, inizialmente, ammisero di aver preso parte al rapimento, salvo ritrattare durante il processo, anche perché il corpo di Placido Rizzotto,  all’ora, non fu ritrovato.
Fu ritrovato, difatti, a distanza di  anni, eseguito l’esame del DNA e riconosciuto come appartenente all’uomo.

Come si è giunti al ritrovamento? Casualità o indagini e ricerche che mai hanno avuto fine?
Il ritrovamento risale a 64 anni dopo la scomparsa, nel marzo del 2009.
Ci furono rivelazioni di pentiti, ma anche continui appelli dei familiari di Rizzotto che chiedevano di far luce sulla scomparsa.
Dunque, non hanno mai smesso di cercalo.
Quando fu ucciso, aveva 34 anni e fu rapito mentre si recava a una riunione con compagni di partito.

Concretamente, come aiutò i contadini?
Organizzava lotte affinché ad essi venissero riconosciute le terre.

Nel 2012 accade qualcosa…

Vengono fatti i funerali di Stato per Placido Rizzotto, alla presenza di Giorgio Napolitano.

Ricorderei che egli non fu il primo e solo sindacalista morto per mano di mafia.

Diciamo che la mafia ha sempre attaccato sindacalisti, magistrati, politici, forze dell’ordine e giornalisti.
È nei loro obiettivi, nel loro disegno.

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