Skip to main content
Milano più sociale. Periodico di informazione online

Immortalare la follia. Franz Xaver Messerschimdt

| Mara Cozzoli | ,

Follia: sostantivo femminile, bizzarro… ma solo in apparenza, al quale è consuetudine attribuire due differenti accezioni.
Se da un lato viene considerata in quanto stravaganza insita nell’artista, non si può ignorare il vero e proprio malessere che sfocia in malattia mentale e disagio psichico.
Nel corso della storia vi furono artisti che, affetti da particolari problematiche, realizzarono opere nel quale documentarono la propria e l’altrui sofferenza.
La domanda che sorge spontanea è relativa alle modalità in cui svariate forme di psicopatologie hanno influenzato la creatività di questi uomini, al punto da trasferirle in dipinti, sculture, drammi teatrali e cpolavori della letteratura mondiale.


Approfondisco, oggi, la figura di Franz Xaver Messerschimdt, uno dei più influenti scultori del barocco tedesco, nella cui persona arte e malattia mentale si sovrapposero confluendo, inevitabilmente, in ogni sua opera.
Ragazzino dalle potenzialità superiori alla norma approdò all’Accademia Viennese e iniziò a lavorare per corte e aristocrazia.
A fini formativi viaggiò frequentemente a Roma, Londra e con ogni probabilità a Parigi,
Il suo stile, sospeso tra il classicismo aulico e il virtuosismo barocco, gli permise di divenire professore aggiunto di scultura all’ Accademia Reale di Vienna.
Intorno ai trentacinque anni, la scalata al successo subì una battuta d’arresto a causa del manifestarsi, per l’appunto, dei primi sintomi di disagio psichico che polverizzò l’ormai prossima nomina a professore di ruolo.

Tra le diverse documentazioni e corrispondenze episolari che vennero esaminate da Ernst Kris, psicoanalista e storico dell’arte, risultò una lettera del conte Kaunitz, segretario imperiale, il quale  evidenziò la notevole destrezza in campo artistico di Messerschimdt ma ne diffidò l’insegnamento agli studenti per via dell’insorgere di instabilità, diffidenza, manie di persecuzione nei confronti degli accademici ed estrema suscettibilità, tratti quindi paranoidi.
Nel 1777 si trasferì a Bratislava dove visse tra solitudine e follia.
In questo periodo, seppur colpito da forme di delirio, eseguì ritratti su commissione.
Messerschimdt sostenne di essere perseguitato da sinistre presenze, demoni che, a suo dire, riuscì anche a vedere.
Stando a quanto raccontò, ragione di questa vessazione demoniaca fu il suo conclamato genio.
Nel corso di un colloquio con il conte Friederich Nicolai risalente al 1781, affermò che al fine di non esserne sopraffatto, diresse ogni suo sforzo a contrastarli seguendo un metodo che ritenne micidiale: si pose innanzi allo specchio assumendo espressioni sbeffegianti e provò a scolpirle.
Per giunta dichiarò che focalizzando l’attenzione sui movimenti del viso fu in grado di controllare queste forze oscure.


Le serie di busti (circa sessanta) scolpiti dall’artista, caratterizzati da virtuosismo esecutivo, si basarono principalmente sulla fisionomia dello stesso e, con il tempo, si deformarono e contrassero in smorfie distruttive.
Detti atteggiamenti del volto furono considerati da Messerschmidt quali riti propiziatori in grado di respingere o ridurre il potere dei demoni.
Inconsuete movenze del volto rivelano, inoltre, dettagli legati al significato della smorfia: gli occhi spalancati ad esempio divengono sinonimo di sfida, una volta serrati, dicontro, indicano la negazione; le labbra serrate rimandano, invece, al cedimento.
Ernst Kris cercò, infine, di spiegare i disturbi che afflissero l’artista e che ebbero come immediata conseguenza la creazione ossessiva dei busti.
Secondo l’opinione di quest’ultimo, Messerschmidt, come già accennato, soffrì di disturbo paranoide manifestatosi attraverso manie di persecuzione, furono sintomi di schizzofrenia  i demoni che asserì di vedere, mentre l’omosessualità nascosta e mai accettata, accompagnata dalla repressione coatta della propria sessualità divennero l’origine di nevrosi sfociate in un quadro psicotico importante.

Mara Cozzoli

Leggi tutti gli articoli