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Limbica, intervista a Andrea Grieco.

| Mara Cozzoli |

Il 28 maggio 2022, alle ore 17.00, si inaugura presso BM Art Gallery di Orvieto, il vernissage della mostra personale LIMBICA, di Andrea Grieco.
L’artista ritaglia, con precisione chirurgica, una soglia di mezzo: apre quindi un valico immaginario su una terra esperienziale misteriosa, laddove mutevolezza e incertezza la fanno da padrone.

Dialogo, oggi, con il protagonista, al fine di comprendere e far comprendere, non solo il lavoro dello stesso, ma anche i tratti che ne contraddistinguono la personalità.

Siamo, finalmente, giunti all’ora X.  Cosa prova un’artista prima e durante una sua personale? Quali speranze lo invadono?

Difficile rispondere sinteticamente, ma una personale dovrebbe rappresentare una sorta di squadernamento del lavoro di un autore, per cui si spera che i visitatori possano avere modo, osservando i lavorio presenti in mostra, di ripercorre le tappe del percorso da lui compiuto; al contempo questa dinamica dovrebbe offrire all’artista, dal confronto con gli umori suscitati nei fruitori, un ulteriore motivo di riflessione. Nel mio caso, però, l’apprensione più rilevante è quella riguardante la rapidità con la quale cambio prospettiva, tanto che i lavori presentati alla BM Gallery a maggio, pur se vengono esposte insieme opere retrodatate e di recente fattura, già non mi rappresentano più totalmente. Sono un flusso continuo e faccio fatica a contenermi e la ricerca costante è una prerogativa del mio carattere e dunque anche del mio agire creativo.


Dal punto di vista umano cosa lascia un’esposizione come questa che, alla fine, durerà circa un mese?

Cosa potrà lasciare questa esperienza potrò valutarlo solo quando si potrà considerare un’esperienza conclusa. Umanamente, già da ora, penso resterà, e questo è davvero fondamentale, l’incontro con persone che hanno creduto in ciò che faccio, che lo hanno sostenuto, con le quali si è creato un tessuto permanente di rapporti sostanziato dallo scambio, dalla fiducia e finanche dall’amicizia.

Quanto una mostra incide sull’evoluzione artistica?

Aggiungo a quanto già in merito ho sopra detto che un’esposizione consente all’autore di valutare ciò che più non è e gli errori compiuti. Se fosse diversamente arriverebbe un autocompiacimento congelante, sterile. Nello scegliere, ordinare e preparare i collage per la mostra ho capito che devo indagare territori diversi, altri rispetto a quelli fin’ora esplorati.


Le tue opere sono caratterizzate da una molteplicità di fattori che ne rappresentano il fulcro portante: conflitto dal quale si origina la negazione, fine erotismo e ricerca psicologica.
Tecnicamente, secondo quale processo riesci a raggiungere il risultato finale, che si traduce nella rappresentazione visiva di ciò?


Nel mio caso le immagini si originano interiormente come folgorazioni e restano lì fino a quando non riesco a dare loro forma; il problema è riuscire a trovare nei libri e nelle riviste che sfoglio e ritaglio quegli elementi necessari a dare concretezza alle mie visioni. A volte capita che la ricerca dei lacerti necessari generi un cambiamento dell’immagine originaria e questo è un fenomeno che mi lascia sempre favorevolmente sconcertato e affascinato.



Osservando i tuoi lavori, ho avuto l’impressione si trovi situato in una sorta di Limbo, una zona sospesa, una terra di mezzo nel quale svariati elementi come irreale, irrisolutezza e arcani enigmi fluttuando in veste di cavalieri erranti divengono genesi di ogni tuo intimo pensiero. Proviamo ad affrontare questo discorso.

Un limbo è una zona d’esclusione per eccellenza, nella quale si manifestano energie che trascendono le regole correnti, tanto fisiche che morali e, nel mio caso, dove le sollecitazioni che provengono dal vissuto, dalle letture, dagli ascolti e dalle visioni convergono in un magma immaginifico dal quale emergono figure che trovano in me un tramite, dopodiché si rendono autonome.


Anima e pelle, secondo quale principio riesci a fare sì che, tali componenti, a livello figurativo, riescano a comunicare tra loro?


Non credo, innanzitutto, che esista qualcosa che si possa intendere come “anima”; parole che potrebbero esserle sinonimi sono forse identità e sostanza, ma sono comunque termini che finirebbero sempre per connotare in maniera astratta la natura di una creatura. Io credo, invece, che la pelle, e dunque per sineddoche l’intero corpo, sia non solo l’involucro di ciascuno di noi ma sia tutt’uno con quello che siamo in maniera più intima. Per cui la pelle, che di recente ha lasciato il posto alla pietra nei miei lavori, da elemento simbolico si fa carne, nell’accezione di forma e concretezza, non solo figurativa.


Infine, domanda di natura personale: c’è una fase “bianca” che hai attraversato e, con ogni probabilità, è ancora in corso… una nuova svolta.  Da cosa è stata originata? A cosa pensi ti condurrà?


Io sono in una fase di permanente mutazione, e come ogni metamorfosi tale condizione genera sempre una quantità di energia, dolore, meraviglia, paura, bellezza e orrore. La vita stessa, meglio ancora l’esistenza di ogni cosa è sostanziata da questo processo; io semplicemente cerco di bloccare il momento in cui avviene, come se cercassi di cogliere un lampo.

Limbica

A cura di:
Maria Marchese, curatrice e poetessa
Olivia Alexandra Bracci, gallerista

Inaugurazione 28 maggio 2022
Chiusura 5 giugno 2022.

BM Art Gallery Instagram
https://instagram.com/bm_galleriarte?utm_medium=copy_link

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