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Caravaggio, il maestro che rivoluzionò l’arte.

| Mara Cozzoli |

Uomo perennemente in fuga, dall’infanzia e adolescenza difficili, scandaloso nella vita come nella pittura, Michelangelo Merisi da Caravaggio, dotato di grande precisione tecnica nasce a Milano il 29 settembre 1571, data che rimane un mistero fino a che, nel 2007 , viene scoperto il suo certificato di nascita.
Scavezzacollo, arrestato e sbattuto in cella più e più volte, ricercato e perseguitato, il suo genio lo conduce a lavorare a una velocità impressionante, di getto,  direttamente sulla tela, senza alcun disegno preventivo.
Fautore di un nuovo linguaggio in grado di cogliere la drammaticità dell’atto, il suo stile, posto tra l’enfatico e il realistico, vede ricercare i suoi modelli tra le cupe, desolate e polverose strade della capitale.
Il futuro si spalanca innanzi a lui a tredici anni, quando, nel 1584,  stipula il contratto di apprendistato presso la bottega di Simone Peterzano, noto pittore milanese allievo di Tiziano.
Seppur gode della protezione del principe Colonna, duca di Milano e marchese di Caravaggio, giovane e ambizioso, tra il 1591 e il 1592, si trasferisce a Roma, centro artistico e culturale, non solo d’Italia ma del mondo.


Ragazzo morso da un ramarro (1593/1594)

Con sé porta alcune delle tele dipinte nel corso del periodo di avvicinamento alla pratica artistica,  l’ispirazione realista che li contraddistingue, disgraziatamente, non desta particolare interesse, in quanto, in quel particolare momento,  il “manierismo”  vige sovrano e coloro che apportano novità, come il bolognese Annibale Caracci chiamato a decorare la Galleria di Palazzo Farnese, vengono  guardati con timore: una società, dunque, poco orientata all’evoluzione.
Per poter sopravvivere deve necessariamente e malvolentieri adeguarsi alle regole.
Dopo aver vissuto nei bassifondi in compagnia di pittori e scultori alla ricerca di celebrità,  accetta, privo di entusiasmo un lavoro presso Lorenzi, pittore siciliano di tendenza e ben inserito a Roma.
Nello studio di quest’ultimo entra in contatto con altri allievi.
Insieme a Antiveduto Gramatica, Caravaggio alterna sedute di lavoro a bevute, incursioni nei quartieri malfamati e ritrovi nelle vigne di proprietà di ricchi protettori.
Stringe inoltre amicizia con Lionello Spada,  giovane pittore senza commissione, amicizia la loro, che  rimarrà sempre, viva, sincera e incondizionata.

I musici

Inaspettatamente, Pandolfo Pucci, beneficiario di San Pietro, sempre attento all’ insorgere di novità, rimane affascinato dalle potenzialità di Caravaggio, dalle sue inclinazioni naturali e dal suo fare irriducibile; gli offre conseguentemente vitto e alloggio alla condizione di copiare dipinti religiosi per il convento dei Cappuccini di Recanati.
Appena il tempo lo consente, Caravaggio sfoga arbitrariamente la sua vera arte e dipinge quanto si sente.
Risale a quegli anni “Ragazzo morso da un ramarro (1593/1594) , ricordo del famoso carboncino di Sofonisba Anguissola “Bambino punto da un gambero”.
Il giovane modello è immortalato nell’istante in cui il dolore lo coglie: l’attimo irrompe in pittura.
Secondo critici d’arte, il quadro accenna all’allegoria: dolore e amore si intrecciano tra loro e, senza dubbio, il ragazzo con la spalla nuda e un fiore sull’orecchio, arriva dal giro della prostituzione romana.
Successivamente sono i turni di:  “ Ragazzo che morde un frutto ”, “ Ragazzo con caraffa di rose ” e I musici ”.
Quest’ultimo, riporta il primo autoritratto di Caravaggio, il cantore in basso a destra, mentre la  presenza di Amore con le ali, evidenzia  lo stampo omosessuale dell’opera.
Da notare, che fino a questo momento, nelle opere dell’artista non è ancora comparsa una donna, ciò avviene solo tra il 1596/1597 con “ Maddalena ”.
Per un motivo ad oggi ancora ignoto, Caravaggio decide di lasciare la residenza di Monsignor Pucci e inseguito accolto presso la bottega di Antiveduto Gramatica.

I Bari, 1594

Poco dopo si ammala di febbre romana, trasportato al Santa Maria della Consolazione, l’ospedale dei poveri, la sua vita è a rischio, finito in mezzo agli agonizzanti, in un sotterraneo che collega la struttura al confinante Palazzo Colonna.
Si salva grazie all’intervento di Monsignor Contreras amico di Pucci che, dopo averlo riconosciuto, ordina il trasferimento in altra camera e lo affida alle migliori cure.
L’artista si riprende: tale esperienza non può non segnarlo a vita.
Sei mesi di ricovero ispirano “ Bacchino malato ” , un autoritratto con cui il pittore descrive il proprio aspetto di quei giorni: cadaverico, sguardo perso, sofferente e  cerchi intorno agli occhi.
Pone inoltre l’accento sulla miseria: non possiede nulla se non un paio di albicocche e due grappoli d’uva.
L’opera sorge nello studio del Cavalier D’arpino, il quale possiede forti contatti alla corte papale

Bacchino Malato, 1593/1594

È qui che Caravaggio incontra i più importanti mecenati, ambasciatori, artisti rinomati e cardinali.
A interessarsi a lui che, nel frattempo, ha dipinto anche “ Ragazzo con canestro di frutta ” è Valentin de Boulogne.
Consapevole di sé e delle proprie capacità, Caravaggio, evita i consigli di Valentin e, estasiato dal senso di autodeterminazione, vuole vivere e dipingere a modo suo: il  vero problema è la necessità impellente di denaro.
Apparentemente, ascolta Valentin ma, una volta ricevuti pennelli e colori, anziché dedicarsi a soggetti sacri, consegna al mercante un altro “ Bacco “ (1593/1594), dall’aspetto però giovane, in ottimo stato di salute, con sguardo vivo e una caraffa di vino.
Tra il 1596/1597 dipinge Buona Ventura, poi, abbraccia le richieste di Valentin, ad una condizione: niente deposizioni né crocifissioni, bensì “ Stigmate di San Francesco ” .

Stigmate di San Francesco o San Francesco in estasi, 1594/1595

Lavora nella cantina di quest’ultimo, il risultato è un capolavoro chelo scrittore Dominque Fernandez considera l’atto di nascita del barocco.
Siamo in piena notte, sullo sfondo un fuoco rischiara il cielo.
Si distingue, alla luce del falò, frate Leone in quel momento assopito e San Francesco che riceve le stimmate.
Lo stato di estasi mistica dell’uomo non mai è  stata rappresentata in tal modo: sorretto dalle braccia di un adolescente dall’aria sensuale, difficilmente, nonostante le ali, equiparabile a un angelo.
Controverso, amato e odiato, raggiunge finalmente la tanto aspirata fama.
Per un po’ si calma, il suo genio, finalmente, può esprimersi liberamente, per mezzo di un linguaggio esplicito, alla ricerca della drammaticità dell’azione, che imprime intensità emotiva all’opera.
Provoca, sorprende e contesta, in un alternarsi di personaggi sacri e profani.
Sono gli anni in cui realizza una struggente” Maddalena ” (1596/1597).
A fare da modella Giulia, ragazza di strada e, forse, sua amante.
Tra il 1597/1598, crea una nuova Maddalena, maggiormente articolata: “ Conversione di Maddalena ” .

Conversione di Maddalena, 1597/1598


Maddalena Penitente, 1594/1595

Santa Caterina d’Alessandria ” (1597/1598) mostra con un accorato miscuglio di luci e ombre, una ruota con punte d’acciaio, strumento di tortura della Santa. A posare è Fillide Melandroni.

Santa Caterina d’Alessandria, 1597/1598

Intorno al 1598/1599, è la volta di Giuditta decapita Oloferne ”.
Da ribelle, in “ Riposo durante la fuga in Egitto ”, si scaglia contro le convenzioni e dipinge una Madonna dalla chioma fulva parzialmente addormentata.
Il capo è inclinato sulla testolina del Salvatore, un Gesù dai capelli rossicci. Un angelo di spalle, suona il violino, i suoi occhi fissano una partitura tenuta da San Giuseppe, contadino scalzo, seduto su un sacco e un fiasco di vino al suo fianco. 

Giuditta decapita Oloferne, 1598/1599

Riposo durante la fuga in Egitto

Agli inizi del 1600 termina il “ Martirio Di San Matteo ”, il cui potere di sconvolgere e fare rumore deriva dall’intersecarsi tra realismo e forte carica emotiva che il dipinto riesce a suscitare.
Alcuni mesi dopo, accanto al “Martirio di San Matteo”, sui muri della Chiesa di San Luigi dei Francesi, compare la Vocazione di San Matteo ”.
Entrambe le opere sono commissionate dagli esecutori testamentari del Cardinale Contarelli.
Caravaggio illustra il mistero della conversione con uno stralcio di vita della Roma di allora.
La scena si svolge all’interno di una stanza che, per molto tempo è scambiata per bisca, ma nella concretezza è un banco delle tasse, in cui l’esattore, attento, svolge la propria funzione.
La luce arriva dall’alto a destra,  la sola finestra è chiusa, come murata, è presente Cristo che, con la mano, il cui gesto evoca la “Creazione” michelangiolescha della cappella Sistina, indica un uomo.
Dal carattere narrativo, invece sono  “ La cattura di Cristo ” (1602) e “ Il Sacrifico di Isacco ” (1602/1603), risale, inoltre, a questo periodo San Giovanni Battista, ispirato agli Ignudi nella Cappella Sistina.

Il Martirio di SAn Matteo, 1600

Il Sacrifio di Isacco, 1602/1603

Il nuovo scandalo è Morte della Vergine ” (1605/1606).
Se la vocazione di San Matteo ha luogo nella bottega di un esattore, quest’ultima si svolge all’interno di una misera stanzetta, divisa da una spessa cortina rossa che pende da una trave del soffitto.
L’arredamento è composto da un letto, un catino e una sedia.
“ Si piange la morte di una popolana, ben conosciuta bel quartiere ” spiega Roberto Longhi e, ancora una volta, Caravaggio sceglie come modella una prostituta, almeno, così si vocifera.

Morte della Vergine, 1605/1606 circa

Del 1602 è “ Amore vincitore , nel quale, Amore, generalmente rappresentato come un bambino,  è invece un adolescente armato, che calpesta i simboli del potere e del sapere.
Il quadro riporta l’iscrizione “Amor vincit omnia”.

Gli anni che vanno dal 1601 al 1606 sono segnati da un’intensa produzione, ma allo stesso tempo sono segnati da disavventure, delitti e problemi con la giustizia, come dimostrano gli “Avvisi” di Roma.
Ultimo dipinto del periodo romano è Madonna della serpe (1606),  rifiutato e considerato volgare.
Riprese le scorribande notturne viene arrestato e condotto nella prigione di Tor di Nona: questa volta non si tratta di una rissa, bensì dell’omicidio di un sergente della Corte.
Subisce il supplizio del “ Cavalletto ”, un interrogatorio a colpi di scudiscio, legato a un cavalletto di legno.
I guai non si placano.
Riesce ad evadere grazie alla collaborazione di guardie assoldate dal cardinale Borromeo, ma rimane sulla lista dei criminali e gli amici non riescono a fare ritirare l’accusa.
Non smorza il suo animo, Caravaggio: sulle sponde del Tevere, si trova coinvolto in una nuova rissa.
Il 29 maggio del 1606, nel corso di una partita di pallacorda, accusa l’avversario, Ramuccio Tommasioni,  di barare: hanno scommesso parecchi soldi, vengono alle mani e infine passano alle armi.
L’uomo subisce un fendente dalla spada di Caravaggio e muore la notte stessa.
Sugli “Avvisi” di Roma si legge che: “ Michelangelo Merisi, pittore di Caravaggio è condannato a morte e bandito”. Questo sta a significare che, qualunque membro della Corte può eseguire la sentenza, in qualsiasi luogo e senza nessun’altra forma di processo.
Non trova altra soluzione che fuggire.

Madonna della serpe, 1606

Passa da un luogo all’altro: Malta, Napoli e Siracusa.
Al periodo napoletano risalgono due versioni di Flagellazioni di Cristo, legate al ricordo della drammatica esperienza vissuta a Tor di Nona.
Scrive Longhi: “ Una brutalità e una pietà infinita si dilaniano in essa, in un contrasto terribile, come in Rembrandt trent’anni più tardi”.
Lasciata Napoli, il 6 luglio 1607 sbarca a Malta, vi rimane cinque mesi,  dipinge a ritmo forsennato e diviene Cavaliere di Grazia.
Oltre a “ San Girolamo ” dipinge  “ Decollazione di San Giovanni Battista ”.
Ambientata in prigione, vuoti e ombre, rendono l’opera toccante. Si percepisce l’ultimo spasmo del martire sgozzato, disteso al suolo con le mani le mani legate dietro la schiena.
Colui che ha inflitto il colpo si accinge a staccare la testa con il pugnale: Salomé tende il vassoio per ricevere il capo del santo. Una vecchia si ritrae terrorizzata e due prigionieri assistono all’esecuzione da dietro una grata.
Questa è la sola tela che riporta la firma del suo autore.
Il nome sembra scritto con il sangue che sgorga dal collo, particolare  che, data la situazione di costante pericolo, fa pensare a un’autoidentificazione con la vittima.

Decollazione di San Giovanni Battista.

Anche a Malta, non mancano i soliti problemi con la giustizia: nel mese di agosto è posto in stato di arresto a causa di una rissa nel quale spara un colpo e ferisce Giovanni Rodomonte Ruero, cavaliere di Malta.
In ottobre riesce a evadere, a dicembre viene espulso dall’isola di Malta.
Si reca in Sicilia, dove soggiorna per un anno. Si mbarca poi a Palermo diretto a Napoli, nella speranza di poter rientrare a Roma.
A Napoli subisce un’aggressione, miracolosamente scampa alla morte, ma la sua fronte rimane vistosamente sfregiata.
Segnato, invecchiato e ammalato, come dimostra l’ultimo autoritratto, non ha ancora perso il furore per la pittura e la passione per la vita: le opere dipinte precipitosamente a Napoli sono una prova evidente.
Tra le ultime opere:
San Giovanni Battista  ” (1610), il cui volto è intriso di tristezza, che appare riunire in un unico viso elementi di differenti autoritratti. Dipinto equiparabile a una dolorosa retrospettiva.

San Giovanni Battista, 1610

David con la testa di Golia ” (1609/1610) che, nel capo mozzato del gigante, mostra l’ultimo, drammatico autoritratto del pittore.
Il soggetto è già stato proposto in precedenza da Caravaggio, questa volta però David ha l’aria disperata, il pensiero appare rivolto alla vittima, emblema della vanità del potere terreno.
La testa di Golia, lo sfregio sulla fronte, lo sguardo perso e sconvolto, evidenziano il turbamento dell’autore.

Davide con la testa di Golia, 1609/1610

Il martirio di Sant’ Orsola (1610), dipinto eseguito per il principe Marcantonio Doria.
È l’ultima commissione accettata da Caravaggio. In quest’ opera, come mai accaduto prima, la morte è intensamente presente.
La freccia sembra scagliata sotto i nostri occhi e, in un secondo momento, si conficca nel petto della martire da tempo rassegnata alla sua fine.
Dopo questo straziante Martirio, il pittore depone i pennelli.

Il martirio di Sant’Orsola, 1610

Lascia Napoli alla volta di Roma.
Si imbarca per Porto Ercole, località sotto il dominio spagnolo e luogo in cui decide di attendere la conferma della tanto inseguita grazia.
Qualcosa va storto. Sbarcato sulla costa malsana infestata dalla malaria, viene imprigionato dagli spagnoli che gli requisiscono il bagaglio, inascoltate rimangono le sue proteste.
Nonostante il suo proclamarsi Cavaliere di Malta, non viene creduto.
Forse, pagando una cauzione riesce ad ottenere la libertà.
Stravolto, ammalato, sfinito e affamato, il suo corpo viene ritrovato ancora in vita sulla spiaggia di Porto Ercole.
Trasportato in un ospedale della Confraternita di San Sebastiano, si spegne il 18 luglio 1610.
Nell’agosto di quell’anno gli “Avvisi” di Roma annunciano la morte del pittore.
Alcuni giorni, prima o dopo il dramma di Porto Ercole, Papa Pio V appone il proprio sigillo sulla sentenza di grazia.

Mara Cozzoli

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