martedì, Marzo 19, 2024

MALAMORE

Il malamore è gramigna, cresce nei vasi dei nostri balconi. Sradicarlo costa più che tenerlo. Dargli acqua ogni giorno, alzare l’asticella della resistenza al dolore è una folle tentazione che può costare la vita. Il libro intenso scritto da Concita De Gregorio.

Malamore è un libro di Concita De Gregorio risalente al 2008,  il cui  contenuto vibra forte come fosse stato scritto  pochi giorni fa.

L ’autrice rompe gli schemi: non è il classico testo su casi di maltrattamenti domestici perpetuati nell’ambito di un rapporto di coppia , al contrario cerca di arrivarne alle fondamenta, rispondendo a una banalissima domanda: perché?

Perché donne di spessore culturale, figlie di rivoluzioni socio/culturali, donne che potrebbero vivere una vita in completa autonomia, svincolate da malsani rapporti di dipendenza e sudditanza ,  permettono che su di loro si eserciti prepotenza  fisica o psicologica, senza ribellarsi?

Sono racconti, racconti di violenza e sofferenza.
Citando la stessa Concita : “ Troverete riscritta la storia di Circe, che non era una maga orribile e cattiva, ma una donna bellissima, che tutti, compreso Ulisse, continuavano solo ad amare e abbandonare. Troverete una galassia piena di scie luminose da dove cominciare a rispondere alla domanda: come mai è ancora possibile sopportare tutto questo? Cosa inchioda le donne al dovere o al desiderio di sopportare? Cosa passa dalla mente e dal cuore delle donne che portano, per tutti, il peso della violenza? “

Fiabe, episodi di cronaca nera, stralci tratti da riviste scientifiche, si susseguono foglio dopo foglio. Donne qualunque, donne che nessuno conosce,  altre sono artiste,  scienziate, mogli o compagne di note personalità  le cui non  vite prendono voce in 171 pagine.

Malamore è Dora Marr che racconta Picasso: “ Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso se lo aspettava. Il motivo principale per non farlo fu il privarlo della soddisfazione. Era uno strumento di morte. Non era un uomo, era una malattia. Si nutriva del dolore che provocava negli altri per alimentare il suo. “

Viene citato lo storico Rudolph Bell, il quale riscontra che su centosettanta sante italiane vissute nel Medioevo,  circa la metà di esse, misero in atto meccanismi di rifiuto che le portarono a disturbi riconducibili all’odierna anoressia, altre videro i loro corpi ricoprirsi di piaghe e malattie della pelle, fino a Caterina da Siena, il cui volto finì sfigurato da pustole.
Insomma, come dire: “  Eccolo, il mio corpo offerto in sacrificio per voi. “

È  questa la manifestazione di un disagio, di un NO, riversato sul fisico.
In chiave psicanalitica viene riletta la fiaba della “topolina” che tra mille pretendenti seleziona il gatto e da quest’ultimo si fa divorare.
Perché la topolina predilige il gatto? Perché è l’unico che sicuramente la mangerà.

Sono tanti i perché: perché una donna emancipata, intelligente, accetta di sottomettersi per lungo tempo  a gravi offese, e perché quando se ne libera,  il più delle volte si ritrova ancora alla ricerca di un uomo simile al precedente.
Il meccanismo, il più delle volte, vede la sua origine nell’infanzia: è in quel lasso temporale che occorre scavare.

ESERCIZI DI RESISTENZA AL DOLORE :  sono donne vittime di se stesse, della volontà  masochista di sentirsi invincibili, di trasformare il proprio dolore in punto di forza, colpite dalla mania di onnipotenza di cambiare colui che è non è destinato a cambiare, con la conseguente denigrazione della propria vita.

“ Si può essere morti in vita, ciascuno lo sa, e la domanda resta intatta. “ Scrive la De Gregorio.

C’è la violenza delle donne sulle donne, nel momento in cui coprono e difendono quel subdolo processo di potere e controllo che per millenni è stato esercitato dal sesso maschile su quello femminile; allora,  il problema posto in questi termini non è più di natura psicologica ma CULTURALE.

Chi vince in questo gioco “ perverso” ? In questo degrado culturale ?
“Vince chi sa aprire la porta e guardare “con occhi più grandi”. Non chi rifiuta di vedere, non chi per paura o soggezione non apre neppure, non vuol sapere né sentire. Vince chi apre, chi guarda, chi resta fermo e guarda meglio, poi richiude, torna su per le scale. Vince chi va all’inferno e ritorna. “

Forse c’è una motivazione in più dietro all’accettazione di tali sopraffazioni: la donna in alcuni casi si fa scegliere ( non è lei a decidere),  dettata da un profondo senso d’ inadeguatezza, dal non sentirsi abbastanza rispetto alla vera bellezza che la circonda.

RELATED ARTICLES

Most Popular

Recent Comments