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Pecorelli: enigmi antichi, ritorno delle ombre

A quarantacinque anni dall’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, torna sotto i riflettori una delle pagine più oscure della storia italiana. Grazie a nuove indagini, approfondimenti giornalistici e importanti sentenze collegate alla strage di Bologna, emergono dettagli e connessioni che riaprono il dibattito su un caso che sembrava destinato all’oblio.
Nell’articolo a cura di A.P. che oggi propongo ai nostri lettori ,si ricostruiscono passaggi chiave, piste investigative e implicazioni di un’indagine che continua a interrogare la verità.


Le indagini sull’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, ucciso a Roma nel 1979, sono state riaperte nel 2019, in seguito alle dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra e all’inchiesta della giornalista Raffaella Fanelli.
La riattivazione del procedimento è stata disposta anche alla luce delle pronunce definitive emesse in relazione alla strage di Bologna, in cui sono emerse circostanze e soggetti ritenuti potenzialmente rilevanti ai fini dell’accertamento dei fatti inerenti al caso Pecorelli.
A quarantacinque anni dall’omicidio del giornalista, e direttore della rivista Osservatorio Politico, il caso è tornato al centro dell’attenzione pubblica e giudiziaria.

 
Grazie alle rivelazioni del neofascista Vincenzo Vinciguerra e all’inchiesta della giornalista Raffaella Fanelli, che ha riportato alla luce nuovi elementi e connessioni, spiccano i legami con la strage di Bologna del 1980, per la quale la Corte di Cassazione ha recentemente confermato l’ergastolo per Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale.
Questi sviluppi suggeriscono l’esistenza di una rete sotterranea di potere e violenza che ha segnato la storia italiana degli anni di piombo.
Questo nostro articolo esplora le nuove piste investigative e le implicazioni di questi intrecci oscuri che puntano sull’identikit in mano agli inquirenti fin dall’inizio di queste travagliate indagini.

 Le sentenze della strage di Bologna, con le condanne di Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, hanno fornito nuovi elementi e collegamenti con il caso Pecorelli, portando a una nuova spinta nelle indagini.
 Il lavoro della giornalista Raffaella Fanelli, in particolare la sua inchiesta pubblicata su un portale online, ha contribuito in modo significativo alla riapertura delle indagini, tanto che la giornalista fu querelata dalla figlia di Paolo Signorelli (elemento di spicco della estrema destra degli anni ’70/’80 che militò nell’MSI e in Ordine nuovo), per aver riportato le parole di Vinciguerra sul suo podcast.
“Ad ammazzare Pecorelli è stato il buon miliziano. Tu non lo sai, ma ti ho dato un grande aiuto”. Cosi’ parlò Franco Freda, da qui riparte la visione della Fanelli, le indagini, infatti, non si sono fermate.

Nel 2019 riprende infatti l’inchiesta sull’omicidio di Mino Pecorelli nella Procura di Roma laddove il pm Erminio Amelio, l’allora titolare del fascicolo, acquisì agli atti le motivazioni delle ultime due sentenze relative al processo per la strage di Bologna del 2 agosto 1980”.

 L’obiettivo?

 Sfruttare i passaggi di rilievo in cui emerge il nome di Valerio Fioravanti – ex leader dei Nuclei Armati Rivoluzionari – condannato definitivamente nel 1995, insieme alla compagna Francesca Mambro (e successivamente all’ex NAR Luigi Ciavardini), come esecutore materiale della strage alla stazione di Bologna.

Ma l’inchiesta va a rilento, frena, s’impantana, ristagna finchè la Fanelli scrive sul suo profilo: “Ho appreso oggi che il fascicolo relativo all’omicidio di Mino Pecorelli è stato assegnato ad Alessandra D’Amore, la pm che ha condotto le indagini sull’omicidio di Marco Vannini.
Quindi, dopo anni di impasse e critiche sulla lentezza delle indagini, è proprio D’Amore a prendere le redini del fascicolo Pecorelli.

Adesso dipende da lei rilanciare il lavoro investigativo, riscattando contro quei “ritardi e omissioni” che, secondo Fanelli e altri osservatori, avevano bloccato la causa.

 Magari, partendo dall’ascoltare le dichiarazioni di Vinciguerra. Che sono particolarmente circostanziate.

 E poi quelle di Freda.

 E cercare di rispondere al quesito: chi è il buon miliziano? chi aveva questo soprannome?

 E poi quell’identikit.

 Dove, ai tempi, riconobbero Antonio Chichiarelli.

 Ma nessuna delle foto di quest’ultimo è vagamente somigliante.

 E nessun altro riscontro è mai stato fatto. O non c’è dato sapere.

 È vero, un identikit alla fine può assomigliare a molte persone.

 Spesso, troppe.

A volte, meno.

Nel frattempo riapre in forma di blog riapre OP – Osservatore politico, il giornale di Mino Pecorelli.
Un gesto deciso che sfida il silenzio, risvegliando l’indipendenza e il coraggio di chi non smette di cercare la verità.
La storia non si chiude, si scrive ancora

A cura di A.P.

Op

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Mara Cozzoli

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