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Tra vuoto e tempesta: le emozioni nel Borderline.

| Mara Cozzoli |

Il disturbo borderline di personalità è un grave disturbo di personalità caratterizzato da intensa instabilità e conflittualità nelle relazioni interpersonali, paura dell’abbandono, disregolazione emotiva, sensazione cronica di vuoto, comportamenti autolesivi e impulsività.
Per meglio approfondire l’argomento dialogo, oggi, con Gaspare Palmieri psichiatra, psicoterapeuta e dottore di ricerca in psicobiologia dell’uomo.

Il termine borderline è sempre più di uso comune, sembra quasi essere diventato una moda, a volte è utilizzato anche in modo inappropriato. Cos’è esattamente un disturbo borderline di personalità?

Si tratta di un disturbo del carattere, quindi della struttura profonda della personalità dell’individuo, caratterizzato da diversi tratti disadattivi che rendono la persona estremamente vulnerabile nei confronti dell’ambiente che la circonda.
C’è un aspetto importante legato a un senso dell’identità instabile con frequenti oscillazioni dell’umore e del senso di sé, che si ripercuote in problematiche relazionali e comportamentali.
Chi soffre di questo disturbo ha un’importante fragilità e alcuni psicanalisti parlano di “mancanza di pelle psichica”, riferita sia alle oscillazioni del senso di sé che alla difficoltà di regolare le emozioni.

Come si manifesta e si sviluppa? Partendo dal presupposto che ogni storia va considerata nella sua unicità, quali possono essere le causa?

Ci sono dei tratti distintivi in questo disturbo come l’ipersensibilità all’abbandono e al rifiuto, l’impulsività, l’autolesionismo, le modalità disfunzionali di regolare le emozioni attraverso comportamenti non salutari per la persona. Poi c’è tutto il discorso delle relazioni, soprattutto quelle più affettive e intime, che nel paziente borderline sono spesso instabili, conflittuali, ambivalenti.
Queste difficoltà hanno spesso alla base il senso di sé instabile e precario che rende appunto difficile vivere una relazione affettiva in modo sano, perché c’è latente il vissuto di essere abbandonati, attaccati o rifiutati.

Esistono segnali precoci che suonano da campanellino d’allarme? Quali sono?

Innanzitutto è necessario attendere che la personalità sia strutturata per parlare di disturbo di personalità. Spesso i primi segnali hanno a che fare con comportamenti impulsivi che possono comprendere autolesionismo, promiscuità sessuale, abuso di sostanze. Altre volte prevale la confusione sul piano relazionale e la difficoltà di mantenere relazioni stabili.


I primi sintomi, possono insorgere già in età adolescenziale?

Anche se alcuni sintomi del disturbo possono essere tipici anche di adolescenti “difficili”, solitamente si tende ad attendere l’età adulta per fare diagnosi, proprio perché la personalità ha bisogno del tempo sufficiente per maturare.

Con quali psicopatologia può viaggiare in comorbilità?

Molto tipica è la comorbidità con l’abuso o la dipendenza da sostanze, che diventano un mezzo disfunzionale per regolare le emozioni.Altre volte ci può essere comorbidità con i disturbi dell’umore, con frequenti episodi depressivi e anche con disturbi d’ansia. Ricordo un paziente che si presentò nel mio studio lamentando soprattutto attacchi di panico, ma raccogliendo la storia emersero molti altri elementi che facevano propendere per un disturbo di personalità borderline.

Chiamate in causa sono le relazioni interpersonali. Come vengono vissute dal paziente?

Con estrema difficoltà. Molto tipico è esperire l’altro in modo ambivalente come positivo e negativo, spesso addirittura alternativamente come salvatore e carnefice.
Anche nel rapporto terapeutico può avvenire questa alternanza tra idealizzazione del terapeuta e poco dopo svalutazione che può portare all’abbandono del percorso di cure. È  ovvio che se il senso di sé non è stabile anche l’altro può essere percepito in modo distorto.

Perché l’instabilità relazionale è così centrale?

Beh siamo esseri che vivono in relazione e la qualità delle nostre relazioni condiziona moltissimo la qualità delle nostre vite e delle nostre menti e viceversa.

 In che modo il disturbo influisce sull’autostima e sull’identità personale?

Dipende dal livello di funzionamento. Ci sono situazioni in cui i tratti di personalità disfunzionali compromettono il funzionamento famigliare, sociale, lavorativo. In quei casi, ovviamente, l’autostima ne risente e di conseguenza anche il senso di identità può risentirne ulteriormente.


Cerco sempre di mettermi nei panni di un paziente: cosa sente, cosa vive, durante una crisi emotiva molto forte?

Il paziente viene travolto da una tempesta emotiva che non riesce a controllare e i comportamenti impulsivi che mette in atto sono tentativi disfunzionali di regolare queste emozioni forti come la rabbia o la paura. Nei trattamenti come la Dialectal Bheavioral Therapy (DBT) vengono insegnate anche tecniche di mindfulness, pratiche di consapevolezza, per riconoscere quando certe emozioni si accendono e per trovare modi più funzionali per gestirle.


Sposto anche la mia attenzione su parenti o amici: come devono comportarsi innanzi aq queste situazioni?

Di solito viene consigliato un atteggiamento di presenza rassicurante, ma soprattutto di non giudizio. Questa è la cosa più difficile, non giudicare un comportamento disfunzionale come negativo, ma come l’espressione di una sofferenza.  A volte non servono grandi interventi, è sufficiente un ascolto empatico, una presenza che contenga l’angoscia della persona.


Come si diagnostica correttamente un disturbo borderline?

Tramite una visita da uno psichiatra o da uno psicoterapeuta che potranno semplicemente basarsi sulla propria esperienza clinica o possono decidere di far eseguire al paziente dei test psicometrici come lo SCID-2.

Quali sono le terapie più efficaci oggi?

Come per tutti i disturbi mentali gravi, quello che funziona meglio è un approccio su più livelli che comprende una terapia farmacologica quando è necessario, la psicoterapia praticamente sempre e altri interventi sullo stile di vita e sul contesto famigliare o relazionale. Ovviamente affrontare primariamente la comorbidità come quella da abuso o dipendenza da sostanze è sempre il primo passo.


Siamo nella sfera psichica, quindi le chiedo: nel caso di un disturbo borderline di personalità, cosa significa “guarire”?

Significa diventare più consapevoli del proprio funzionamento e maturare delle modalità più sane per gestire le proprie emozioni.Non significa non avere più le difficoltà tipiche del disturbo, ma trovare modi non distruttivi di gestirle.

Che ruolo assumono psicoterapia, farmacoterapia e psicoeducazione?

Sono tutti e tre aspetti fondamentali. Direi che la psicoterapia in questo disturbo è il trattamento più importante, sia in individuale che nei gruppi come la DBT. La farmacoterapia serve più a curare alcuni disturbi e sintomi che si possono presentare come l’impulsività, l’insonnia, l’umore depresso, l’ansia o anche disturbi dissociativi, che spesso sono legati a traumi psicologici. La psicoeducazione del paziente e dei famigliari è un’occasione preziosa di aumentare la consapevolezza sul disturbo e di come le nostre menti funzionano quando siamo sotto stress o in difficoltà.

In questa fase storica, nel quale la sanità pubblica in campo psichico sta crollando, quanto è 
importante che i media parlino di salute mentale?

Secondo me è centrale proprio per vincere sempre di più lo stigma connesso alla malattia mentale.

Per concludere, da poco è uscito “Presenze” il suo ultimo libro, una sorta di voce guida per ritrovare il proprio spazio interiore, Un luogo dove mente, corpo e anima tornano a congiugersi.
Vuole parlarcene?

Volentieri! “Presenze. Natura, canzoni, meditazioni è un libro con canzoni e pratiche di mindfulness per avvicinarsi alle pratiche di consapevolezza attraverso una serie di inviti che passano dall’ascolto della musica al contatto con la natura. In questa epoca di stimoli continui e distrazione di massa è sempre più importante, per coltivare il proprio benessere psicologico, dedicare anche pochi minuti al giorno alle pratiche di consapevolezza, che hanno origini nelle tradizioni contemplative orientali nate oltre 2500 anni fa, ma che nell’epoca attuale diventano sempre più importanti anche solo per rallentare un attimo la nostra corsa e accorgerci cosa sta succedendo dentro di noi e attorno a noi.  

Mara Cozzoli

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