Milano, “The Knight & The Dragon”: il nuovo duello di Rigaff alla fine di Via Pasolini.
C’è una nuova presenza che abita i muri di Milano. Un volto, una memoria, un monito.
Riccardo Gaffuri (per tutti Rigaff ) offre a cittadini e passanti una delle sue narrazioni pittoriche sospese tra mito e denuncia, questa volta dedicata a Pier Paolo Pasolini.
L’opera, intitolata “The Knight & The Dragon”, è un olio e smalto su metallo (100 x 100 cm), realizzata proprio in occasione del cinquantenario dalla scomparsa del più grande intellettuale italiano del ’900, brutalmente assassinato il 2 novembre 1975.
È visibile sulla superficie urbana a ridosso della rotonda di Via Gallarate, proprio di fronte all’imbocco di Via Pier Paolo Pasolini.
Un luogo che non è soltanto una cornice, ma una dichiarazione d’intenti: alle spalle, l’eco del vecchio quartiere industriale; di fronte, il nuovo complesso residenziale di Cascina Merlata, frutto di una gigantesca operazione urbanistica nata dopo Expo 2015.

E lì, a chiudere la prospettiva, il Centro Commerciale Bloom, tempio del consumismo contemporaneo.
Chissà, verrebbe da dire, cosa ne penserebbe Pasolini, che di certi “nuovi luoghi del nulla” aveva già scritto pagine profetiche e dolenti.
Rigaff non sceglie mai a caso le sue pareti.
Come un poeta visivo, le trasforma in spazi di interrogazione civile. Nel suo nuovo “duello”, contrappone il Cavaliere, simbolo di cultura, parola e resistenza, a un drago sputafuoco, emblema di prepotenza e aggressività.
Un conflitto ancestrale, quello tra la mente pensante e la brutalità, tra la voce e il rumore, tra chi cerca di comprendere e chi, semplicemente, divora. Ma sappiamo già l’esito di questo scontro: Pasolini cadde, non per mano di un terrificante drago leggendario, ma per quella, ben più reale, della violenza e dell’indifferenza.
Eppure, a distanza di mezzo secolo, la sua penna continua a ferire, a scomodare, a far riflettere.
Forse, come suggerisce Rigaff, la feroce disputa non si è mai conclusa.
Resta lì, fluttuante tra le pieghe della città e pronto a riaccendersi ogni volta che un pensiero libero osa sfidare il mostro dell’omologazione.
Di fronte a quel muro, oggi, Milano si guarda allo specchio.
E chi cammina in quello spazio sospeso, con ogni probabilità, senza accorgersene, incontra ancora lo sguardo lungimirante di Pasolini: un invito a riflettere, a non smettere di sentire, perché anche una facciata, se attraversata dall’arte, può divenire coscienza.
A volte, per cogliere davvero il senso di questo contrasto, basta tornare a quanto egli scrisse in “La religione del mio tempo”: “Non illuderti: la passione non ottiene mai perdono. Non ti perdono neanch’io, che vivo di passione.”
Un concetto nel quale si riflette una dicotomia profonda: da un lato la passione, forza vitale e autentica; dall’altro una società anestetizzata, che la teme e tenta di soffocarla in nome dell’ordine, condannando l’uomo alla sua inevitabile solitudine.

Mara Cozzoli