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Pediatria, Progetto Pedrito e umanizzazione delle cure. Intervista a Francesco Iandola, direttore esecutivo Fondazione De Marchi.

Si sviluppa e prende il via a Milano un nuovo percorso denominato “Progetto Pedrito” destinato all’implementazione dei trattamenti di radiologia e all’umanizzazione delle cure alla Clinica De Marchi del Policlinico di Milano.
Tale realtà è stata fortemente sostenuta e voluta da Fondazione De Marchi che ha lanciato un’iniziativa solidale dedicata ad aiutare i piccoli pazienti e le loro famiglie: sms e chiamate da rete fissa al 45581 fino al 21 novembre, con cui si possono donare 2 euro.
Per sviluppare non solo l’argomento umanizzazione delle cure ma anche il contenuto di questo nuovo proposito, dialogo oggi con Francesco Iandola, direttore esecutivo di  Fondazione De Marchi.


Iniziamo subito con il raccontare l’attività svolta da Fondazione De Marchi.

Innanzi tutto Fondazione De Marchi nasce parecchi anni fa come diretta conseguenza dell’esperienza personale di genitoriche, nel corso della vita, sono  sopravvissuti ai propri figli o i cui figli erano in cura presso “Clinica De Marchi”.
Nel 1995 siamo divenuti fondazione, dopo essere venuti alla luce negli anni 80’ in forma di associazione e in seguito comitato.
Basilare è stata la volontà di medici e genitori nel garantire a bambini con gravi malattie croniche la migliore assistenza possibile, nello specifico, questo significa che, da una parte assicuriamo le migliori cure, attraverso l’ impegno  a pagare borse di studio per aumentare il numero di medici presenti in Policlinico e in De Marchi, acquistiamo attrezzature scientifiche come l’ultima TAC, un investimento di duecentottantamila euro, più tutto ciò che siamo riusciti a fare per organizzare e umanizzare i reparti.
Al centro di tutto poniamo la cura del bambino, ma anche la qualità della vita di quest’ultimo.
Cerchiamo di regalare  loro una miglior qualità di vita possibile, farli sentire uguali e, a volte, più  fortunati degli altri.
Tutti i giorni , in ospedale,  è presente la figura dell’arteterapeuta per farli esprimere attraverso l’arte,  una psicologa per bambini e genitori,  abbiamo creato la pet terapy e momenti di svago sia in ospedale che esterni, come lo spazio ricreativo all’Idroscalo e ,  ogni anno portiamo circa trenta, quaranta bambini in vacanza: a Settembre sono stati portati in crociera in barca a vela alle Cinque Terre.
Il punto è anche questo:  farli sentire più fortunati degli altri.
Spesso, quando terminano la sessione di arte terapia con l’arteterapeuta, lo raccontano a scuola e anche i compagni vorrebbero fare arte e terapia in ospedale: questo, secondo me, è un bellissimo messaggio.
Diamo anche sostegno economico alle famiglie in difficoltà, ogni mese eroghiamo duecento euro a quindici, venti famiglie, per fare sì che il piccolo possa proseguire il proprio tragitto all’interno di un ambiente sereno e stabile.
Avere un figlio con malattia cronica per un genitore significa stare accanto al bambino, quindi è presente la possibilità di perdere il lavoro,. Spesso si tratta di famiglie disagiate con padre disoccupato o mancante, o famiglie di immigrati che vivono situazioni di disagio.
Un piccolo aiuto economico che per famiglie in difficoltà può davvero significare tanto.
Una cifra che, a volte, permette anche di garantire un pasto migliore rispetto al solito.


I bambini da voi seguiti, se posso chiederlo, di quali patologie soffrono?

Storicamente, nasciamo per trattare tumori, leucemie e malattie del sangue.
Attualmente abbiamo ampliato il sostegno anche alle patologie croniche.
Il Policlinico è specializzato anche in , ,ematologia, immunologia, malattie reumatiche dell’ infanzia, malattie del fegato e tante altre.
Il Policlinico di Milano con Clinica De Marchi rappresenta davvero un punto di riferimento nell’ambito della delle patologie pediatriche.


In che condizioni giungono a voi?

Dipende da caso a caso, sono comunque situazioni più o meno gravi, considerando che si tratta di pazienti infantili.
Per un adulto la malattia è già più tollerabile, quando arriva un bambino, che piange e sta male la condizione di disagio è molto difficile da affrontare per tutti, medici compresi.
Con il nostro progetto “Un Ospedale Mica Male”, cerchiamo di compensare il dolore vissuto dal bambino e ridurre il più possibile i momenti di paura e stress o quant’altro possa toccare il piccolo paziente: dalle semplici iniezioni alle terapie più invasive.
Per un bambino la cui terapia necessita di  un’ infiltrazione ogni sei  o ogni tre mesi per le articolazioni, può diventare molto pesante tornare in ospedale e aiutarlo con il “sorriso” può davvero fare la differenza.
L’impegno della Fondazione  De Marchi è quello di lasciare loro un bel ricordo, nonostante tutto.


A livello psicologico, cosa riscontrate?

Noi siamo attenti da sempre alle condizione psicologiche dei nostri pazienti e delle famiglie.
fa parte del team anche una psicologa che segue i medici,  perché questa pandemia ha logorato molto anche il personale medico,  soprattutto chi lavora  nei reparti di terapia intensiva, per donargli un po’ di respiro.
L’importante è riuscire a umanizzare i reparti, portare momenti di serenità, trasformare i momenti passati in ospedale, che siano ricoveri o periodiche terapie ambulatoriali – come spesso accade per le malattie croniche – offrendo un sostegno psichico in più.
Ad esempio per il day hospital ematologico ci siamo muniti di poltrone super anatomiche, arteterapeuta, psicologa, pet terapy.
Facciamo di tutto affinché l’ingresso in ospedale non sconvolga i bambino,  al di là del maggior o minore numero di ore in esso trascorse.
L’aspetto psicologico è un elemento fondamentale per garantire la guarigione.




Secondo lei, la mancanza di tale supporto, cosa comporterebbe nel bambino, in futuro?

Non sono psicologo, ma senza le giuste attenzioni rischiamo di creare traumi in un bambino che vive l’ospedale con continuità.
Vi sono bambini che nascono in ospedale e vi devono passare il loro tempo per periodi ricorrenti, chi per un giorno alla settimana, chi per due, altri una volta al mese o per lunghi periodi di degenza durante l’anno.
Se entrare in ospedale si tramuta in angoscia o paura, l’accettazione della cura viene compromessa.
Potremmo trovarci innanzi a un rifiuto delle cure, specialmente in fase adolescenziale, età in cui aumentano i problemi: nel corso dell’infanzia paradossalmente è più facile accettare l’ospedalizzazione, per gli adolescenti invece  è più difficile costringerlo a varcare la porta dell’ospedale.
Sono traumi che si portano dietro per tutta la vita, con un po’ di accortezza è possibile evitarli.

Come riescono le famiglie a convivere con tutto ciò?

Ogni famiglia è un nucleo  a sé stante, vi sono quelle più forti e quelle più deboli.
Tanto  a livello psicologico, quanto economico è difficile convivere con la malattia, però penso che i genitori trovino sempre la forza dentro di sé.
A volte il genitore in crisi trasmette questo stato al figlio, che  lo recepisce, così  come si rende conto delle difficoltà e di quanto la sua malattia crei problemi a mamma e papà.
Il bambino è molto empatico e questo costituisce un ulteriore momento di smarrimento.
Il genitore deve fare tutto il possibile per mostrarsi sorridente, anche se dentro di sé si scatena una tragedia.
Sicuramente, la malattia porta al dramma e al costante senso di colpa, lo stesso bambino tende a colpevolizzarsi.
La paura è costante, per la famiglia è davvero difficile affrontare tutto questo: essendo concentrati sul bambino, talvolta, non possono assentarsi e prendersi anche solo un giorno di pausa.
Fondazione De Marchi si occupa anche di portare i bambini in vacanza una settimana, offriamo così ai piccoli una bella esperienza che li conduce  non solo ad avere un rapporto maggiormente sereno con il medico o l’infermiere, ma significa anche “donare” una settimana di ossigeno alla famiglia che può in tal modo pensare a sé e concedersi una pausa.
è importante non dimenticarlo: vivere tutta la vita con un bambino con una malattia cronica non è facile.

Come accompagnate il genitore in tutto il ciclo?

Da sempre mettiamo a disposizione una psicologa e cerchiamo di risolvere qualunque problema economico possa subentrare.
Acquistiamo anche libri scolastici per i bambini o le divise nel caso in cui frequentino l’Istituto Alberghiero.
Qualunque problema dovesse, con il tempo, subentrare, ci adoperiamo tempestivamente per risolverlo.Per evitare sfratti abbiamo dato supporto economico, intervenendo con il pagamento degli affitti.
Cerchiamo di fare tutto il possibile. Le famiglie non vengono lasciate sole.


Qual è la reazione di un genitore di fronte alla malattia del figlio?

È molto personale.
Ho assistito a reazioni di rabbia, di disperazione, di coraggio.
È impossibile che non vi siano: un bambino non lascerà mai imperturbato il genitore.
Vi sono addirittura madri e padri che vogliono collaborare con la Fondazione così come ci sono le famiglie arrabbiate e quelle che non riescono a far fronte al dolore e dicono:“basta”!
L’impatto psicologico è davvero molto forte.

Sottolineiamo, dunque, quanto si per loro  difficoltosa accettare una malattia..


È inaccettabile.
C’è da aggiungere che adesso siamo diventati una città e un ospedale multiculturale e, sicuramente, per una persona che viene da molto lontano (Africa o medio Oriente) è molto difficile aprirsi e raccontare i propri problemi, affidarsi a uno “straniero”.


Ha voglia di esporci tecnicamente questo vostro nuovo progetto, ovvero il progetto “Pedrito”?

La parte centrale del percorso di radiologia è l’acquisto di una nuova TAC da sostituire alla precedente, ormai vecchia di quattordici anni.
Questo permette di ridurre tantissimo anzi, dimezzare le radiazioni assorbite dal bambino e permette di eseguire interventi, direttamente, senza essere invasivi o esserlo in minor misura, senza entrare quindi in sala operatoria.
Dato che è un ospedale per bambini siamo intervenuti su vari livelli.
Ad esempio abbiamo chiesto al pittore Gregorio Mancino, noto per avere girato il mondo, decorando ospedali in Russia, Africa, Italia e America,  di affrescare la sala attesa.
Arrivato in sala d’attesa il bambino si trova immerso in un grande aquario, un grande mare con tanti pesciolini.
In questo luogo ha a disposizione tramite i nostri volontari, sempre presenti,  un visore 3D che una volta indossato gli  consente di vivere l’esperienza dei fondali marini  con tanti pesci e le balene che gli passano accanto.
Una volta entrati in sala TAC, su una parete, per mezzo di un proiettore  laser, trasmettiamo immagini del fondale marino, sulle altre pareti abbiamo posizionato  delle pellicole in vinile che riproducono i fondali.
C’è la sala risveglio, quindi se  il bambino necessita di essere sedato, al momento del risveglio si trova circondato da disegni come una spiaggia e il mare: il bambino si dimentica di essere all’interno di un reparto.

Vi sentite mai coinvolti dalla storia del singolo?

Sì. Spesso questi bambini hanno malattie croniche, arrivano da noi che hanno pochi mesi e diventiamo un po’ una seconda famiglia, una seconda casa e tutto ciò è reciproco.
i nostri primi pazienti adesso hanno quarant’anni!
Con alcuni di loro abbiamo un rapporto davvero speciale.


In conclusione, ringrazio Francesco Iandola per averci guidato attraverso le mille sfumature e gli innumerevoli retroscena che si celano dietro ai percorsi malattia e cura in campo pediatrico.

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