venerdì, Aprile 19, 2024
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Sindrome della scarsa fiducia del sé. Intervista a Carlo Roberto Russo, pediatra e neuropsichiatra infantile.

Oggi parliamo di infanzia. Nello specifico, guidata da Carlo Roberto Russo, pediatra e neuropsichiatra infantile, affronteremo la tematica della ” Scarsa fiducia del sé ”  nei bambini.

Buongiorno Dottor Russo, in modo semplice e che possa essere comprensibile a tutti, in cosa consiste a sindrome della “Scarsa fiducia del sé”?

 In questa sindrome la caratteristica è il comportamento del bambino che subisce in modo consistente l’effetto dei modelli: dipendenza dall’adulto, scarso impegno nelle attività motorie che richiedono la globalità somatica, emotività ed affettività infantili, facile sudditanza nei confronti dei compagni, tendenza ad instaurare rapporti con bambini di età inferiore alla propria, uso di schemi motori infantili, carente autonomia, atteggiamenti di ritiro in situazioni impegnative e soprattutto scarso valore del sé.

A quale età si manifesta?

 L’età tipica per la genesi di questa patologia è quella compresa tra i 12 ed i 48 mesi, suddivisibile in due periodi. Dai 12 ai 24 mesi il bambino vive l’esplorazione e la conquista dello spazio, l’uso ed il dominio dell’oggetto; in questo periodo sperimenta la propria potenzialità nel confronto con l’ambiente inanimato e l’adulto vigila e sottolinea positivamente o negativamente questa autonomia, rinforzando o smorzando la spinta evolutiva di conquista. Dai 24 ai 48 mesi il bambino vive prevalentemente l’interesse, la scoperta, il confronto e lo scontro con l’altro essere a lui più simile: il coetaneo. Con esso si cimenta in conoscenze, schermaglie, opposizioni, alleanze, lotte dichiarate, per poi arrivare ad una mediazione che gli permetterà di costruire man mano i piani di un’adeguata socializzazione in cui la forza e la fiducia dell’uno si saldano e si consolidano in quelle dell’altro.

Quali sono i primi piccoli segnali da non sottovalutare che fungono da campanellino d’allarme?

 Nel corso del secondo anno la carente sperimentazione, lo scarso impegno per le nuove situazioni specie se particolarmente impegnative sul piano motorio, tendenza a permanere in attività conosciute e sperimentate con successo

Quali sono invece i sintomi effettivi?

Si riscontrano nel corso del terzo anno: permanenza in attività note, facile rinuncia anche per piccole difficoltà, richiesta frequente di aiuto dell’adulto, diffidenza verso i coetanei e carente socialità, facile opposizione e pianto per qualsiasi limite ai desideri.

Passiamo alle cause, quali possono essere e, sono uguali per tutti i bambini o variano?

 La sua genesi può essere determinata con prevalenza da due fattori tra loro in antitesi ma di effetto similare sul piano evolutivo. L’atteggiamento svalutativo di ogni acquisizione e di ogni esperienza fatta dal bambino che finisce col provocare, dopo una fase di reattività, una progressiva accettazione, sul modello valutativo dell’adulto, della propria incapacità di dare dei risultati soddisfacenti. Un altro fattore è rappresentato dall’iperprotezionismo che può manifestarsi con atteggiamenti diversi. In alcuni casi la figura parentale, dopo aver mostrato le varie difficoltà, le risolve non permettendo al bambino di cimentarsi con le proprie capacità.
In altri casi le difficoltà vengono rimosse e anticipata la soddisfazione dei desideri, preparando in tal modo un iter evolutivo privo di ostacoli. Anche l’atteggiamento educativo di concessione totale di soddisfazione dei desideri e la conseguente prevalenza del volere del bambino sulle regole del nucleo familiare, impedisce di affrontare una valutazione adeguata delle difficoltà del percorso evolutivo.

In quale misura e quale ruolo svolgono le dinamiche familiari?

Questi atteggiamenti educativi hanno sempre effetti negativi, ma con risultati diversi (sia per intensità che per modalità) a seconda delle caratteristiche biologiche del bambino. Spesso sono la causa di una carenza di impegno nell’affrontare le nuove situazioni, le difficoltà quotidiane e l’accettazione delle regole.

In che modo si deve intervenire?

Aiuto dell’adulto a sperimentare nuove attività, rassicurare sulla possibilità dell’azione, valorizzare l’impegno e il risultato, non dare false valutazioni (l’apprendimento e il valore del sé passa anche attraverso l’accettazione delle difficoltà e degli insuccesssi), stimolare l’autonomia, dare la fiducia alle reali potenzialità del bambino e responsabilizzarlo in rapporto alle proprie competenze.
Troppo spesso si delega la risoluzione all’ambito sanitario. La fiducia del Sé si costruisce nella famiglia che rappresenta il primo nucleo sociale in cui confrontarsi in una situazione stimolante per il superamento delle difficoltà, ma anche rassicurante per l’indispensabile rapporto emotivo- affettivo.
Nel caso che le figure genitoriali presentino difficolta di procedere con adeguati stimoli educativi, risulta indispensabile ricorrere all’intervento elettivo e più efficace che risulta essere la terapia psicomotoria con l’obiettivo di permettere e favorire al bambino il piacere del movimento, la conquista e l’affermazione del Sé in giusto rapporto con le sue reali capacità. Indispensabile sarà anche il supporto delle figure parentali per aiutarle a permettere e favorire il processo di autonoma, la responsabilizzazione e l’autocontrollo dell’emotività.

Quale funzione svolge la scuola? Come può supportare un bambino?

La Scuola è il banco di prova dell’adattamento positivo alla realtà conquistata nell’ambito familiare. La Scuola ha i suoi obiettivi e le sue regole che l’allievo deve seguire con l’aiuto comprensivo e amorevole delle insegnanti e con la relativa accettazione della funzione di guida e di valutazione.
In diversi casi risulta necessaria la collaborazione con le insegnanti per la comprensione del problema e per procedere con un obiettivo comune.
Troppo spesso viene richiesta l’insegnante di sostegno che ora giustamente è per la classe.

Un mancato intervento tempestivo, quali conseguenze può avere nello sviluppo di un bambino?

Il costituirsi di una personalità insicura e dipendente, facile preda del potere di altri, difficoltà per un significativo processo di socializzazione e carente affermazione delle reali potenzialità.

Molte delle problematiche che un adulto porta con sé, il più delle volte, trovano nell’infanzia il loro punto d’origine. Ha voglia di approfondire?

Credo che quanto sopra espresso dia la risposta a quello che ritengo fondamentale: è la famiglia dove si prepara il bambino a confrontarsi con il complesso gioco della frustrazione-gratificazione.

In concusione ringrazio Carlo Roberto Russo per il tempo concessomi.

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