venerdì, Marzo 29, 2024
HomeL’arte per narrarsiTestimonianze narrateEssere Italiani all’estero. Intervista a Patrizia La Daga, giornalista e imprenditrice.

Essere Italiani all’estero. Intervista a Patrizia La Daga, giornalista e imprenditrice.

Dialogo oggi con Patrizia La Daga, giornalista e imprenditrice trasferitasi a Barcellona nel 1999.
Attualmente è fondatrice di Leadership Arena, manifestazione annuale, la cui prima edizione risale al 6 ottobre 2018.
Tema centrale: l’eccellenza italiana nel mondo

Allora, Patrizia. Cosa è accaduto nel 1999? Quale motivazione ti ha spinto a questo cambiamento?
L’editore del mensile economico-imprenditoriale Millionaire, per il quale lavoravo da anni, mi chiese di trasferirmi a Barcellona per fondare e dirigere una nuova rivista dedicata all’allora nascente mondo di Internet. Era una sfida molto stimolante e accettai con grande entusiasmo. L’idea era di restare un paio d’anni in Spagna a e poi rientrare, ma la città catalana mi affascinò immediatamente. Quando nacque il mio primo figlio scelsi di diventare freelance per potermi dedicare di più a lui e decisi che non sarei tornata in Italia.

Come ci sente lontani dai luoghi in cui si è cresciuti, ma soprattutto, quanto è stato difficile una tale scelta di vita?
Vivere all’estero comporta sempre dei sacrifici emotivi, specie per chi come me è molto legato alla famiglia di origine. Tuttavia credo che molto dipenda dal Paese in cui ci si trasferisce. Barcellona ha una qualità di vita eccellente, una cultura simile alla nostra ed vicina e ben collegata con l’Italia. Questo permette a noi expat di vedere abbastanza spesso parenti e amici. E poi oggi con la tecnologia ci si può “incontrare” in qualsiasi momento, anche se con uno schermo in mezzo.

Come viene accolto in Spagna lo straniero?
La Spagna è un Paese meraviglioso e accogliente, anche se negli ultimi anni in Catalogna stiamo vivendo una situazione di grande tensione a causa del movimento indipendentista. Una città cosmopolita e all’avanguardia come Barcellona messa a soqquadro da chi la vorrebbe trasformare in un feudo isolato dall’Europa, è davvero un controsenso che ha già provocato molti danni economici e d’immagine.

Cosa puoi dirci circa gli iter burocratici relativi al tuo (come a quello di tanti altri) trasferimento?
All’epoca del mio trasferimento ottenere il “Nie”, il documento di identificazione per i cittadini europei, obbligatorio per chi risiede da più di tre mesi nel Paese, era relativamente semplice. Negli anni, il numero degli stranieri è aumentato in modo esponenziale, specie a Barcellona, e questo ha complicato un po’ le cose dal punto di vista burocratico. Mi dicono che oggi i tempi di attesa sono lunghi perché è difficile ottenere gli appuntamenti con le autorità competenti. Lo stesso accade con il Consolato italiano che a Barcellona è sottodimensionato rispetto al numero di concittadini che richiedonoo i suoi servizi.

LEADERSHIP ARENA 2019

Il presente vede molti giovani lasciare l’Italia in cerca di un futuro. A tuo avviso quali sono stati gli errori di natura politico-economica in cui è incappato non solo l’ultimo Governo, ma anche i precedenti?
In questi anni ho avuto modo di parlare con moltissimi professionisti italiani che vivono all’estero e lavorano nei centri dell’eccellenza mondiale, si tratti di settori tecnologici o scientifici, come le aziende della Silicon Valley e la Nasa, che di ambiti artistici e culturali e tutti concordano sul fatto che la preparazione universitaria in Italia è ancora di primissimo livello. Il problema viene dopo, quando questi giovani si affacciano sul mercato del lavoro, perché fino ad oggi le politiche che avrebbero dovuto incentivare le imprese a investire e a “scommettere” sui giovani, sull’innovazione ma anche sulla cultura, non sono state sufficienti. Anche un certo pregiudizio, purtroppo diffuso, che etichetta gli imprenditori come “sfruttatori” del lavoro altrui e demonizza il fallimento, non aiuta. Per fortuna vedo che ci sono anche tanti giovani italiani coraggiosi, che dopo varie esperienze all’estero, provano a tornare e in alcuni casi ottengono brillanti riisultati.

Il nostro Paese è in parte toccato da raptus di xenofobia e razzismo. Qual è la situazione in Spagna?
Purtroppo siamo in presenza di fenomeni globali. Anche in Spagna non mancano episodi xenofobi o razzisti, sebbene i media di questi tempi siano più focalizzati sulle divisioni politiche interne.

Passiamo a Leadership Arena.

LEADERSHIP ARENA 2019


Com’è nata l’idea di questo tipo di Manifestazione, che tra gli altri ha avuto come protagonisti Juri Chechi ?
Nel 2016 ho fondato il magazine online ItalianiOvunque.com, oggi partner del portale Tiscali.it, dedicato alla valorizzazione delle storie di talento e di eccellenza degli italiani nel mondo. L’ottima accoglienza del sito mi ha convinta del fatto che c’è molta “fame” di positività, di storie edificanti, di esempi a cui ispirarsi. Così ho pensato di passare dall’online all’offline, realizzando un evento che non fosse il classico corso di formazione o coaching, bensì un vero e proprio spettacolo che unisse lo storytelling motivazionale all’intrattenimento intelligente. Nelle due edizioni di Leadership Arena ho avuto il piacere di ospitare campioni dello sport come Jury Chechi e Alberto Tomba, ma anche esponenti del mondo imprenditoriale come l’ex presidente mondiale di Apple, Marco Landi. Non sono mancati i rappresentanti del mondo culturale come l’”artivista” Adele Ceraudo, o dello spettacolo, come il regista televisivo e scrittore Duccio Forzano. Tra gli interventi più apprezzati quello della campionessa paralimpica, ballerina e oggi parlamentare Giusy Versace che ha saputo reiventare la sua vita, con straordinario coraggio, dopo l’incidente in cui perse entrambe le gambe.

Al di là di far conoscere l’eccellenza italiana e la sua storia, di quale ulteriore messaggio vuole essere portatore?
I messaggi di base sono due: il primo è che ascoltare le storie dei “grandi”, di quelli che hanno dovuto lottare e superare molti ostacoli per raggiungere il successo o realizzare i loro obiettivi, può aiutarci a diventare grandi. Il secondo è che il giardino del vicino non è necessariamente più verde del nostro. Ho conosciuto troppi italiani che disprezzano il nostro Paese e non perdono occasione di parlarne male. So perfettamente che l’Italia ha molti problemi, ma vivendo all’estero mi sono resa conto che non esiste il luogo perfetto. Guardiamo cosa accade oggi in Spagna con le rivendicazioni indipendentiste, in Francia con i gilet gialli e in Uk con la Brexit. Viviamo in un mondo che avrebbe tutto da guadagnare dall’”unire le forze” e invece si ostina a dividere. Con Leadership Arena vorrei creare dei “ponti”. Le storie uniscono e ci migliorano, perché siamo tutti esseri umani e tutti perfettibili.

L’ultima edizione di Leadership Arena si è svolta lo scorso 5 ottobre, vuoi raccontarci il percorso di un grosso evento, nello specifico, come siete riusciti a farlo crescere nel tempo e sviluppare novità in merito ad esso?
La preparazione di un evento come Leadership Arena è necessariamente lunga e complessa, anche perché, per filosofia personale, ho sempre scelto di pensare in grande ma di partire in piccolo. Il team che lavora con me è ridotto, puntiamo molto sulla qualità degli interventi e sulla reale soddisfazione del nostro pubblico che deve uscire dal teatro soddisfatto, contento di aver conosciuto persone e storie emozionanti e di grande ispirazione. Per questo tutto inizia con la scelta degli ospiti, speaker e personaggi non solo con un nome, ma anche con qualcosa di davvero importante da raccontare. Il resto lo fanno gli spettatori. Dopo la prima edizione, il passaparola è stato fondamentale per far crescere l’evento.

Prossima data: è possibile avere un’anticipazione?
La data prevista è il 3 ottobre del 2020 e quest’anno, dopo due edizioni a Barcellona, l’evento si celebrerà a Madrid, dove la comunità italiana è vastissima. Il nostro obiettivo è raggiungere un pubblico sempre più ampio e non solo italiano, perché avremo anche ospiti spagnoli. Come dicevamo, le storie, indipendentemente dalla nazionalità e dalla lingua di chi le racconta, sono un patrimonio culturale universale. In futuro non escludiamo di rendere l’evento itinerante, magari esportando il format in altri Paesi.

In conclusione, ringrazio Patrizia per la disponibilità dimostratami.





RELATED ARTICLES

Most Popular

Recent Comments