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Tuot le monde a besoin de quelqu’un à aimer, à embrasser, à soigner et à comprendre”. Reem Taha.

| Maria Marchese |

Una farfalla, le cui ali sono immobili, avvinta da una ragnatela, d’emblèe, frantuma, con la forza dei lievi manti, la fissità della rete, liberando ogni sottile verso e altresì l’euritmia policroma, scandita dal conflitto tra i neri e i bianchi tasti di un immaginifico pianoforte…

Allo stesso modo, Reem Taha polverizza ogni nodo, che congiunge i fili della memoria, del raziocinio, del corpo fisico… essi preservano, invero, quell’esilità, che è flebile confine tra uno spazio conoscitivo e l’altro, ma si flettono, morbidi oppure decisi, addivenendo mutevoli certezze, la cui anima è radicata nella spontaneità. Così, l’autrice ne asseconda l’espressione sulla tela, traducendone il disvelamento con il pennello: accompagna ogni singolo tratto nell’affermazione della propria individualità. L’intuizione muta, dapprima, in capillari cromatici, che vascolarizzano e nutrono il tessuto esperienziale.

Essi sembrano inseguirsi, sfiorarsi, baciarsi… come indome chiome di una criniera: da quell’impertinente “esigenza” nascono, allora, inedite composizioni estetiche.

L’autrice irachena, poi, riempie le creature, ammantandone la pelle con vibrati tonali vivi e squillanti, che risvegliano e l’occhio e la coscienza dell’osservatore.

Nella tela ““Tuot le monde a besoin de quelqu’un à aimer, à embrasser, à soigner et à comprendre” , Reem Taha ricongiunge quei legami in quattro importanti presenze, la cui reciproca compenetrazione suggella la carezzevole necessità, da parte dell’essere umano, di affezione e amore.

«L’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo il Quarto compie l’Unità.»

L’assioma di Maria La Profetessa conferma la perfezione dell’interezza e dell’integrità: Reem Taha sembra, indi, risolvere, nell’opera, la verità dell’unità.

Eppure, la composizione involve una minuta, nuova genesi; una piccola alba affiora, nella mente: un muliebre intuito appare, quale coronide tra la quadriade e la pentade .

Così, molteplici piani si compenetrano, addentro una sublimazione artistica erratica, in cui i punti cardinali, gli elementi della natura, le fasi lunari, i sensi, l’uomo vitruviano… si fondono nell’istante di un anelito universale.

L’artista sfuma la pienezza del pigmento acrilico, digradando e mescidando “il consenso” di quest’ultimo; ecco che l’euritmia dell’immaginifico pianoforte, citato da Katie Melua involve manti erbosi, vitigni floridi, sapori agrumati… in un paradisiaco eden umano.

È la spatola, infine, che lo celebra come atto votivo vero, in un diastema irreale.

Maria Marchese

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