sabato, Luglio 27, 2024
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Uomini di pietra: la guerra. A cura di Sonia Scarpante.

La guerra. Impensabile come la Storia di vita, quella costruita su millenarie esperienze, non riesca a proteggersi da questa calamità che sembra quasi essere fenomeno naturale.
Ai signori della guerra è sempre piaciuto giocare con i soldatini come se fossero ancora piccoli e non riescono a percepire il dolore o la sofferenza degli altri. Non sentono la sofferenza di chi cade.
Vorremmo scrutare negli occhi delle loro madri per capire il messaggio che hanno ereditato dal cuore di quelle loro madri; questi bambini incoscienti castigati dall’oblio. Cosa hanno ereditato come messaggio di speranza?
Uomini mai cresciuti perché la crescita presume sempre un atto di responsabilità forte verso sé stessi e maggiormente verso la collettività, soprattutto quando la si gestisce in ruoli importanti.
Quale insegnamento è stato impartito loro da quelle madri, dalle donne che non hanno saputo guardare a fondo dentro i loro occhi di ghiaccio.
Despoti che non temono nemmeno il giudizio divino talmente il loro mito di onnipotenza li sovrasta, credendosi immuni da qualsiasi entità trascendentale che potrà chiedere loro un tributo quando non faranno più parte di quella schiera di soldatini che marciano sulla terra.
Se osservi il loro sguardo cogli il gelo negli occhi, la pericolosa sudditanza di cui sono schiavi a sé stessi, perché gli uomini forti e grandi, gli uomini veramente liberi sono persone che non amano far male al prossimo, odiano lasciare sui suoli cadaveri di bimbi o donne.
Questi sono uomini che disprezzano l’umanità come disprezzano loro stessi e mettono a fuoco la loro debolezza solo immiserendo la propria identità e fagocitando quella degli altri. L’odio è il migliore loro alleato, alleato di cui si avvalgono per disprezzare il genere umano, ma tutto in sintonia con il disprezzo che nutrono verso sé stessi. L’odio li seduce talmente tanto che questo sentimento non viene nemmeno appannato dalla seduzione nutrita verso il genere femminile.
Esercitano le loro frustrazioni sul popolo, sugli altri, perché hanno bisogno di alimentare quel loro super ego fatto di egoismo, di intolleranza verso l’umanità e, spregevoli verso la vita cercano di annientarla perché non sanno cogliere la bellezza dell’umanità, la bellezza nell’essere glorificati e onorati come persone pregevoli e di forte spessore etico, persone autorevoli.
Infangano la terra, bruciano le città, calpestano gli uomini, incuranti, come se tutto gli fosse possibile e dovuto, senza saper chiedere perdono o gridare, finalmente consapevoli, all’alto dei cieli una clemenza per la miseria apportata, per tanto odio manifesto.
Quando quegli occhi di ghiaccio si trasformeranno in lacrime, in perdono quotidiano da qui ai giorni del distacco materiale sulla terra, in quell’incarnato potrà esserci un inno di salvezza, un sintomo di riconciliazione verso la propria bandita interiorità.
Quell’uomo non sa trasformare il proprio grido di aiuto in valore collettivo, in messaggio di solidarietà verso il prossimo. Quell’uomo deve trasformare il suo pensiero e credere che la collettività non debba mai temere l’autarca; collettività che se amata si sente sempre in debito verso la persona che guida, che protegge e che redime.
Questa è la giusta gratificazione umana che un Grande Uomo della storia può ricevere e per farlo deve saper contare le sue pene e le sue velleità, deve saper fare i conti con sé stesso e chiedere infinitamente perdono, ogni giorno da qui all’eternità.

A cura di Sonia Scarpante, Presidente Associazione La cura di sé“.

Ganzetti Raffaella
Ganzetti Raffaella
Sono nata a Milano ormai molti anni fa e nella mia faticosa vita ho effettuato tante esperienze sia umane che professionali. Ho avuto inizialmente esperienze con bambini anche se il mio interesse si è sempre rivolto alla fascia adolescenziale o giovane adulti. Ho avuto la fortuna di lavorare per tanti anni con persone con disabilità sia grave che lieve che ai limiti inferiori di norma, occupandomi dell’aspetto educativo e successivamente terapeutico. L’esperienza mi ha portato a ideare modelli d’intervento sempre maggiormente centrati sulla persona che è l’unico protagonista della sua vita anche in caso di disabilità. Nelle diverse formazioni che ho effettuato a genitori e a personale che si occupa di sociale ho sempre cercato di far comprendere l’importanza dell’ascolto empatico, del contenimento emozionale elementi che nel tempo sono diventati la base del mio metodo. Già Direttore Responsabile di un altro giornale on line la cui redazione era formata da persone con disabilità ora mi accingo a portare avanti un nuovo progetto “Milano più Sociale”
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