giovedì, Marzo 28, 2024
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Violenza contro le donne: non basta solo parlarne!

Donne uccise da mariti, fidanzati, compagni o altri familiari, un dato allarmante  che sta dilagando verso una ferocia nella modalità di esecuzione e nell’indifferenza verso chi assiste atterrito, spesso i figli, a tale orrore.

La prevaricazione dell’uomo sulla donna non ha età, ma oggi ha assunto delle forme di crudeltà e sadismo inaccettabili, come se non ci fosse più un limite nell’immaginario umano, ma una legittimazione a trasformare le proprie istanze aggressive in atrocità che un tempo il solo pensiero ci avrebbero fatto rabbrividire.

Non so quanto la visione di immagini, racconti quotidiani e fatti di cronaca abbiano influito nel rendere possibile l’attuazione di atti  sempre più crudeli dove i valori vengono spazzati via lasciando il posto alla vendetta e allo sfogo delle proprie frustrazioni su coloro che diventano le vittime designate di atti folli.

La violenza, infatti, in queste relazioni intime, si presenta generalmente come una combinazione di violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e persecutoria assillante con episodi che si ripetono nel tempo ed assumono gravità crescente.

La violenza maschile sulle donne purtroppo attraversa i confini e le culture, può prendere varie forme e riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità  siamo di fronte a “Un problema di salute di proporzioni globali enormi” che colpisce un terzo delle donne nel mondo, come emerge dai dati dell’ultimo rapporto pubblicato dall’Oms. Una donna su tre, subisce nel corso della vita qualche forma di violenza.

Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia, dati forniti dallo studio dell’Osservatorio dell’Eures, l’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, sono state 1.740 di cui 1.251 in famiglia e 846 di queste circa il 70%% all’interno della coppia e il restante 30% per mano di un ex marito o compagno. La media dell’età delle vittime si aggira intorno ai 50 anni.

Le motivazioni, secondo i dati dell’Eures, relative agli omicidi avvenuti nell’ambito di una coppia hanno avuto nel 40,9% dei casi un movente passionale, e nel 21,6% sono stati originati da liti o dissapori.

Le armi più utilizzate per uccidere sono state quelle da taglio (32,5%) e da fuoco (30,1%) mentre nel 12,2% dei casi i killer hanno fatto uso di modalità diverse: il 9% ha strangolato la vittima e il 5,6% l’ha soffocata.

Nel 16,7% dei casi il femminicidio è stato preceduto da lunghi periodi di violenze spesso sconosciute alle forze dell’ordine perché denunciate solo l’8,7%. In tre casi su dieci, l’assassino si è tolto la vita e nel 9% ci ha provato senza riuscirci.

Non bastano però solo dati e parole! Esistono aiuti concreti per le donne che si trovano in difficoltà? Chi può accedere al web trova contatti e luoghi dove potersi rivolgere anche se appare difficile parlarne e diverse donne nel momento della fragilità sminuiscono atti del proprio compagno o famigliare che in realtà sono i primi segnali di una relazione malata. Manca da parte delle donne la fiducia nelle Istituzioni oltre che la difficoltà a confessarsi il proprio fallimento di coppia o famigliare. La paura delle conseguenze, di non essere protetta dopo aver denunciato l’aggressore  determinano spesso il procrastinare di situazioni che nel tempo si esasperano ed il rischio non solo delle violenze ma della perdita della vita diventa reale.

Esistono  ad esempio 5 App che si possono utilizzare in caso di bisogno di difesa. Vi Invito a digitare “Violenza contro le donne – 5 App per difendersi – Software & App.

Forse è troppo poco, troppe le vittime e troppa crudeltà!

zapatos-rojos-e1448144333740La  giornata contro la violenza sulle donne, ha lo scopo di ricordare e rivendicare il diritto alla vita e alla propria integrità psicofisica valore che dovrebbe echeggiare per ogni essere vivente.” Indossiamo scarpe rosse come sostegno alle tante vittime di violenza”.

Occore sempre più chiedere atti concreti e leggi severe contro il femminicidio e la violenza sulle donne.

Ganzetti Raffaella
Ganzetti Raffaella
Sono nata a Milano ormai molti anni fa e nella mia faticosa vita ho effettuato tante esperienze sia umane che professionali. Ho avuto inizialmente esperienze con bambini anche se il mio interesse si è sempre rivolto alla fascia adolescenziale o giovane adulti. Ho avuto la fortuna di lavorare per tanti anni con persone con disabilità sia grave che lieve che ai limiti inferiori di norma, occupandomi dell’aspetto educativo e successivamente terapeutico. L’esperienza mi ha portato a ideare modelli d’intervento sempre maggiormente centrati sulla persona che è l’unico protagonista della sua vita anche in caso di disabilità. Nelle diverse formazioni che ho effettuato a genitori e a personale che si occupa di sociale ho sempre cercato di far comprendere l’importanza dell’ascolto empatico, del contenimento emozionale elementi che nel tempo sono diventati la base del mio metodo. Già Direttore Responsabile di un altro giornale on line la cui redazione era formata da persone con disabilità ora mi accingo a portare avanti un nuovo progetto “Milano più Sociale”
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